Savona come Varoufakis?

Ioannis Georgiou Varoufakis è un politico greco, un economista talentuoso: la cui storia personale, fatte le debite proporzioni anagrafiche, ha tanto in comune con quella del nostro professor Paolo Savona. Entrambi qualche anno fa muovevano critiche similari al Fondo monetario internazionale, dimostrando come nulla sia stato fatto per liberare le economie dei Paesi più poveri dell’Unione europea del signoraggio bancario.

Per le sue teorie sulla moneta Varoufakis ne ricavava il non gradimento di Ue e Banca centrale europea nel primo Governo Tsipras, un po’ com’è capitato a Paolo Savona. Per quest’ultimo, la cancelliera Angela Merkel in persona ha telefonato al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per chiedere che a Savona non venisse affidato alcun dicastero economico. Del resto i tedeschi non potevano rischiare un secondo Varoufakis in un Paese in svendita. Vale la pena rammentare che, il 6 luglio del 2015, Varoufakis era costretto a dimettersi da ministro dell’Economia per favorire la trattativa con l’Eurogruppo: ufficialmente le sue dimissioni furono causate (secondo un articolo del Wall Street Journal) da una sua affermazione circa la possibilità di emettere Iou, una specie di promessa scritta di pagamento del debito negoziabile; in pratica una forma di moneta parallela che avrebbe consentito la sopravvivenza economica del mercato ellenico. Secondo malevoli voci beninformate le dimissioni dell’allora ministro greco dell’economia si sarebbero perfezionate dopo il suo veto alla svendita di porti, aeroporti, isole e villaggi turistici a multinazionali tedesche collegate alle banche dei Länder (le potenti banche locali che nascondono i rispettivi debiti sotto i tappeti rossi di Ue e Bce). Quindi la Germania aveva mosso una guerra di conquista del territorio greco, stimata in ben cento volte i danni di guerra che i tedeschi avevano rifuso alla sgangherata Grecia.

Il piano di Varoufakis non era la “Grexit”, ma semplicemente un taglio al rimborso dei bond greci in mano alla Bce. E questo non piaceva a chi voleva fare proprio il patrimonio della Grecia. Rammentiamo che nel 2012 il Governo Monti aveva minacciato gli italiani che, se non avessero pagato in massa l’Imu, sarebbe stata accesa ipoteca sull’intero patrimonio italiano (pubblico e privato) presso la Bce. In pratica Monti era un agente del sistema bancario usuraio che sta strangolando i Paesi mediterranei dell’Ue. Varoufakis aveva capito che necessitava sottrarre la Banca di Grecia al controllo della Bce. Un consiglio che il greco aveva dato anche alle forze antieuro italiane: Lega, Rifondazione, Grillo... A febbraio 2016 Varoufakis fondava un movimento politico per la trasformazione in senso democratico dell’Unione europea: e subito si levavano contro di lui le minacce d’arresto, d’indagini giudiziarie.

Il 27 maggio 2018 un problema similare torna a preoccupare la Germania usuraia, è la proposta di Giuseppe Conte, presidente del Consiglio in Italia (sostenuto da 5 Stelle e Lega) con Paolo Savona ministro dell’Economia. Istantanea la reazione della Merkel, che telefonava a Mattarella per bloccarne la nomina. Il presidente della Repubblica esprimeva le sue perplessità (suggerite dall’estero) al Governo Conte. Oggi l’Esecutivo Conte è realtà, metà dei suoi ministri sono graditi alla Bce e alla Germania. Resta l’incognita “Varoufakis”, ovvero cosa potrà succedere quando si paleserà il problema di svendere aziende, beni e patrimoni immobiliari ai tedeschi. Chi sarà il Varoufakis italiano? È lecito sospettare che i ministri di nomina politica s’opporranno alle svendite, divenendo a tenzone polemica con quelli graditi a Mattarella. E allora qualcuno potrebbe fare la fine toccata all’omologo greco.

Aggiornato il 01 giugno 2018 alle ore 20:03