La tragicommedia dei “bisbetici domati”

Sissignori. Il canovaccio della “fuitina”, del falso rapimento, delle nozze falsamente riparatrici e soprattutto dei padri ringhiosi che si sciolgono in un affettuoso abbraccio del picciotto che gli “rapì” la figlia continua ad essere l’unico che sembra mandare avanti la tragicommedia della formazione di questo “governo”.

C’è poco da lasciare alle elucubrazioni dei politologi dopo aver usato, magari, qualche espressione di cui il “patron” (o copatron) dei Cinque Stelle non ha, poi l’esclusiva. Ma qualche osservazione è d’obbligo.

Che ci fosse qualcosa di “serio” negli atteggiamenti dei Cinque Stelle, nella loro grottesca irremovibilità nelle più assurde baggianate è cosa di cui ho sempre dubitato. Non sono seri nemmeno come buffoni. Del resto Beppe Grillo anche quando faceva il suo mestiere era insopportabile proprio per il sapore artificiale della violenza grottesca del suo linguaggio. E, malgrado ciò, la rapidità con la quale i grillini hanno scoperto la machera di una certa “ragionevolezza”, buttando alle ortiche condizioni “irrimediabili” e “indiscutibili” per rendersi “accettabili”, non si capisce bene da chi è stata ordinata, ancor meno, “molto di meno” della “fuitina” del loro sodale Matteo Salvini.

Buon segno? Dovremmo ammettere (ché, in sostanza, far ammettere questo è la finalità di questa nuova strategia del Partito del guitto) che il “demonio non è brutto come si dipinge”? Che, una volta alle prese con la realtà del governare la ragione avrebbe prevalso? Che “bisogna ammettere” che sono ragazzi di buona volontà? Via! Non prendeteci per così fessi!

Non mancheranno, purtroppo, politologi da accademia e da bar di periferia a rispondere che sì, è proprio così, che bisogna lasciarli imparare il mestiere. Io non sono un politologo, ho visto evoluzioni d’ogni genere e al termine della mia lunga vita avrei assai più serie ragioni che mi potrebbero indurre ad apprezzare di più la “duttilità” per me prima che per gli altri. Ma l’idea che i “cretini” (anche quelli di cui parlava Leonardo Sciascia) possano di punto in bianco cambiare natura e che gli ignoranti possano di colpo scoprire la bellezza del sapere non ha fatto in me troppi progressi. Non sono, l’ho ripetuto anche troppo volte, e non credo di poter essere smentito, proclive alle “dietrologie”. Ma sarei un cretino più di quelli che poco cortesemente definisco tali se affermassi che ciò che conta delle cose è la facciata e che altro non c’è che la facciata.

Se quindi, di fronte, del resto, a un partito la cui “novità” passa per i meandri dell’uso di internet e le cui strutture sono proprietà di una società, non so se per azioni, certo a responsabilità, assai limitata, prendo atto che gli ultimi avvenimenti confermano che la “democrazia italiana diretta” del Partito di Grillo è chiaramente e invece bellamente eterodiretta, non vengo meno a mie convinzioni. C’è, poi, in verità, un’altra considerazione. La “versatilità” (nella peggiore delle accezioni), la propensione per il “cambiar gabbana” sono direttamente proporzionati al ruolo che la retorica ha nella personalità dei singoli e nella storia della collettività. Il voltagabbana di Benito Mussolini sull’intervento nella Prima guerra mondiale è esempio di scuola. Che lo è anche della vacuità e pericolosità della retorica del primo e del dopo della gabbana rivoltata ed anche della concretezza della “dietrologia” intuibile già nella rapidità del cambiamento di rotta.

Detto tutto questo, credo che ciò che si deve evitare è, anzitutto il piagnisteo. L’ingloriosa fine del “Centrodestra per governare” apre gli occhi di chi non si è procurato appositamente di spesse pezzuole nere sull’equivoco implicito nella oramai sfiatata bolla di Silvio Berlusconi. Ciò dovrebbe significare schiettezza, umiltà e fermezza di propositi di chi non vuole rassegnarsi. Spero che qualcuno mi capirà.

Aggiornato il 15 maggio 2018 alle ore 13:46