Aria di piazza e di forconi

Non basta appellarsi alla democrazia parlamentare per sbeffeggiare la maggioranza (seppure relativa) degli elettori. Insomma, non basta la “foglia di Fico” per mettere su un governo comunque innaturale.

Che piaccia o meno, il 4 marzo la coalizione vincente è stata quella di centrodestra e il distacco dalla seconda, quella dei grillini, è risultato netto, cinque punti percentuali, a testimonianza della chiarezza della scelta fatta con il voto dagli elettori. Bene, anzi male. Fare finta di niente come se davvero a vincere fossero stati i pentastellati può essere un rischio e un azzardo, specialmente dopo due mesi di trattative sterili.

Qui non si tratta di giustificare tutto perché nel nostro ordinamento le maggioranze si fanno in Parlamento, ma di non sfidare la volontà popolare. Basterebbe girare per le strade in questi giorni per capire dai commenti che un eventuale governo fra Cinque Stelle e sinistra farebbe infuriare dal nord al sud mezza Italia.

Insomma, sia l’elettorato di centrodestra sia gran parte di chi si è astenuto vedrebbe male, per non dire malissimo, un simile ribaltamento dell’esito elettorale. Oltretutto da noi il solo pensiero di ulteriori “ribaltoni” provocherebbe un sussulto di sdegno e di reazione, viste le incredibili esperienze passate. Troppe volte si è tradita la volontà popolare sia rispetto alle maggioranze, sia rispetto alla natura dei governi scelti.

Per questo sorprende e preoccupa la facilità con la quale si tenta di formare una maggioranza fra pentastellati, Partito Democratico e Liberi e Uguali, che darebbe vita a un governo di sinistra “dura e pura”, esattamente l’opposto di ciò che il 4 marzo gli italiani hanno scelto. Come se non bastasse, il programma di governo che uscirebbe fuori da una coalizione simile porterebbe a una stretta fiscale che l’esperienza Monti finirebbe con l’apparire cipria. Per non parlare dello Ius soli e dell’immigrazione, dell’espansione dell’apparato statale, del giustizialismo e dell’uso improprio del debito pubblico che ne conseguirebbe rispetto al necessario.

Ecco perché tira aria di piazza e di forconi. Dunque delle due l’una, o governo di centrodestra con i voti di chi accetta di condividerne il programma, o il ritorno al voto per lasciare che siano gli italiani a scegliere una volta per tutte.

Aggiornato il 27 aprile 2018 alle ore 18:54