Giornalisti a 5 Stelle: ma chi ve lo fa fare?

William Shirer, autore della monumentale “Storia del Terzo Reich”, proprio nella parte introduttiva della propria ricostruzione premette il fatto che “al popolo tedesco mai potrà essere perdonato di avere votato in massa per Adolf Hitler e di averlo in pratica sostenuto fino alla fine”.

Sperando che un giorno qualche altro illustro storico, fra una cinquantina d’anni, non dica lo stesso degli italiani che si sono fatti abbindolare dalla setta di Grillo e Casaleggio, per l’intanto non può essere sottaciuto il comportamento da mosche cocchiere più che zelanti dei tanti, troppi (anche bravi o ex tali) giornalisti che sono saliti sul carro del vincente. Non mi riferisco tanto a chi si è fatto eleggere, che almeno si è preso un rischio e oltretutto potrà dire che la avventura politica non può essere negata a nessuno.

No, il problema sono quelli che sono entrati addirittura nella Casaleggio Associati, come asserisce ad esempio di aver fatto Gianluigi Nuzzi, un passato da grande inviato e un presente da “bravo presentatore” di kermesse come “Sum 02”, e magari hanno anche familiari che si occupano della gestione stampa degli eventi. E che danno del “tarocco” in pubblico a bravi colleghi come Jacopo Iacoboni de “La Stampa” che non viene fatto entrare nei raduni della setta solo perché a essa sgradito in virtù degli articoli d’inchiesta che pubblica.

A colleghi che mostrano questo cinismo cosa si può dire in attesa che l’Ordine dei giornalisti batta un colpo? Una frase mi sento di rivolgerla: cari colleghi che in taluni casi siete stati anche molto bravi nella vostra vita passata, ma chi ve lo fa fare ad avere tanto zelo nel saltare su questo carro apparentemente vincente? C’è un film musicale della reggae star Jimmy Cliff molto noto nel giro degli amanti di quella musica che negli anni ’70 e ’80 andava per la maggiore – anche grazie a star come Bob Marley, Peter Tosh e il poeta giamaicano londinese Linton Kwesi Johnson – e si intitola “The harder they come”. Il ritornello della canzone che dà il titolo al film recita così: “The harder they come the harder they fall, one and all”.

Siccome sanno tutti l’inglese grazie a Internet, traduco solo per chi fa finta di non conoscerlo: si riferisce proprio agli arrivisti e significa “più forte arrivano – si intende si arrampicano socialmente – più forte cadranno (a terra, ndr ) uno e tutti”.

Riflettano i giornalisti aedi del grillismo se un giorno questo ritornello non possa riguardare pure le loro persone. Prima di arrampicarsi troppo in alto.

Aggiornato il 09 aprile 2018 alle ore 12:03