Le potenzialità comunicative di Matteo Salvini

Osservare attentamente le partecipazioni televisive di Matteo Salvini, ci permette di comprendere le sue potenzialità comunicative, che non sono poche, anzi. Come sempre, infatti, la televisione riesce a dirci molto sulle persone che si pongono davanti alla telecamera allo scopo di arrivare al vasto pubblico casalingo. La tivù ci racconta, in altre parole, i pregi e i difetti dei nostri politici, ci mostra ogni lato del loro carattere e del loro modo di presentarsi agli elettori. Basta osservarli.

Da regista e da conoscitore della comunicazione televisiva, insomma, dopo aver guardato il leader leghista in diverse sue apparizioni sul piccolo schermo, credo di poter compiere un’analisi del profilo politico di Salvini. Infatti, a mio parere, i suoi passaggi televisivi ci aiutano a capire, in parte, il segreto del suo successo elettorale. Sicuramente, per la Lega, è stato fondamentale uscire dal circoscritto recinto territoriale del Nord Italia per estendersi lungo tutto lo Stivale.

Del resto, è la stessa idea che, da sempre, aveva avuto anche Luigi De Marchi e che, negli anni Novanta, tentò di affermare con i suoi libri e con alcuni editoriali su Radio Radicale. L’idea di Gigi De Marchi è sempre stata quella di estendere la presenza del Carroccio lungo tutta la Penisola. Cercò a lungo di convincere la Lega di Umberto Bossi di questa strategia, ma l’allora leader del Carroccio non seguì mai, davvero, un tale prezioso suggerimento. Lo ha saputo fare, invece, e con successo, Matteo Salvini. E credo che abbia fatto bene anche a girare il Belpaese in lungo e in largo, andando ad incontrare i cittadini direttamente, nelle varie realtà locali.

Questi due elementi sono stati, senz’altro, due dei tanti motivi che hanno permesso alla Lega di ottenere un ottimo risultato alle recenti elezioni politiche del 4 Marzo scorso. Personalmente non l’ho votato, ma Salvini ha conseguito un successo elettorale che merita di essere approfondito. La qualità principale, a mio parere, almeno guardandolo in televisione, è l’autenticità della persona. Infatti, osservando la sua gestualità, guardandolo negli occhi, soprattutto attraverso l’occhio della telecamera, il leader della Lega trasmette una positiva coincidenza tra ciò che dice e ciò che pensa, tra ciò che esprime e ciò che sente.

Insomma, è l’opposto dell’altro Matteo, Renzi, che in televisione – come da me scritto sul quotidiano l’Opinione fin dal 2012 – è sempre risultato antipatico perché privo di quella necessaria autenticità che permette di trasferire, attraverso il piccolo schermo, le idee che si vorrebbe sostenere in coerenza con ciò che si è davvero. Infatti, fin dall’inizio, le smodate ambizioni personalistiche di Renzi hanno mostrato subito un sottotesto in attrito con quanto diceva di voler fare. Insomma, l’ex segretario del Partito Democratico ha mostrato in tivù una dicotomia tra ciò che lui è davvero e ciò che diceva di essere. È il tipico atteggiamento del potere egemone.

Insomma, al contrario di Renzi, in tv, Matteo Salvini è se stesso. Non indossa maschere, non si cela dietro doppi fini e doppie facce. Anzi: quello che dice di voler fare è davvero quello in cui lui crede e per cui si batte. Può smussare gli angoli, ma non rinuncia a se stesso, anche nei difetti. Salvini ha il coraggio di ammettere i suoi difetti ed eventuali torti. Non finge. Si può essere d’accordo o in disaccordo con quanto propone e afferma, ma è sincero. Ecco perché ha ragione Beppe Grillo quando dice che Salvini è affidabile. Cosa che, personalmente, non direi mai di Luigi Di Maio. Però, non è questa l’occasione per parlare del capo politico dei pentastellati.

Vorrei, invece, ritornare su Matteo Salvini per aggiungere un elemento: è vero che il leader del Carroccio è un politico convincente, che mostra il suo vero volto, che sa parlare ai cittadini essendo se stesso, ma non è e non può essere lui la persona che può cambiare in meglio la nostra democrazia e ricostruire o rifondare il campo della politica liberandolo dal dominio del potere fine a se stesso, della partitocrazia e dei giochi di Palazzo. Non lo può fare perché è privo dell’elemento essenziale affinché ciò possa accadere: manca di pensiero politico. Salvini, come persona, come politico, non ha il respiro ampio di un pensiero altro. La politica non è amministrazione. La politica non può ridursi ad amministrare, a dividere le poltrone, a spartirsi il potere.

I problemi non si risolvono semplicemente affrontando sul piano programmatico e amministrativo i nodi o trovando soluzioni valide. Altrimenti, basterebbero i tecnici, basterebbe un governo di funzionari, di manager e di burocrati. La politica è altro. La politica è pensiero, dialogo, comprensione, cultura, circolazione delle idee, formazione di classe dirigente, parola, immaginazione del possibile, memoria che si proietta verso il futuro.

E Matteo Salvini, come politico e come leader, è privo di questo aspetto fondamentale, necessario per risolvere la crisi che stiamo vivendo. Mentre il Movimento Cinque Stelle si presenta come un blocco autoritario. Con tutti i rischi che esso comporta. Ma ne parleremo in un altro articolo.

Aggiornato il 30 marzo 2018 alle ore 18:03