Regione Lazio: trasformismo in corso?

Il popolo che si richiama al centrodestra è variopinto nella sua umanità e sensibilità, ma determinato nel chiedere alla sua classe dirigente unità e politiche serie per risanare il Paese, ma la classe dirigente, purtroppo, non sempre è in grado di dare risposte in tal senso. Le stesse elezioni regionali nel Lazio hanno visto un certo lassismo sulla decisione del candidato presidente, formalizzato la settimana prima della presentazione delle liste, e con la presenza di un altro candidato (sempre del centrodestra) che non accettando la decisione dei partiti è andato avanti da solo per affermare una puerile contestazione nei confronti di chi non lo ha supportato.

Nonostante tutte queste contraddizioni, il candidato presidente del centrodestra, Stefano Parisi, in un mese ha recuperato l’abissale distacco che c’era in partenza (-20 punti percentuali) nei confronti di Nicola Zingaretti, arrivando al 31,2 per cento contro il 32,9 per cento, mentre l’altro candidato di area del centrodestra, Sergio Pirozzi, è arrivato al 4 per cento. Un risultato, il 31,2 per cento conseguito, che rappresenta una sorta miracolo elettorale considerate le condizioni di partenza.

Il risultato è talmente straordinario che le opposizioni hanno 26 seggi contro 24 del presidente eletto, avendo i partiti del centrodestra preso più voti del centrosinistra, il che ha portato molti analisti a dichiarare che la vittoria di Zingaretti è quella di un’anatra zoppa. Io direi una vittoria di Pirro.

La governabilità non è garantita se la coalizione vincente non farà un accordo con il Movimento 5 Stelle o con il centrodestra. Altra soluzione può essere solo il trasformismo degli eletti che decideranno di cambiare casacca. Le responsabilità di Pirozzi e di coloro che lo hanno sostenuto, dichiarandosi di centrodestra, sono talmente evidenti da lasciare allibiti per la loro miopia politica, in quanto hanno solamente contribuito alla vittoria di Zingaretti. Parafrasando Giulio Andreotti possiamo dire che a pensar male si fa peccato, ma il più delle volte si coglie la verità nascosta.

Adesso Pirozzi propone alle opposizioni, per farsi una verginità, di recarsi dal notaio firmando le loro dimissioni, obbligando Zingaretti a dimettersi e di conseguenza riandare al voto. Sembrerebbe logico, ma così non è. Non è logico perché in democrazia e in politica c’è il rispetto delle istituzioni; prima si devono insediare i consiglieri eletti e verificare le possibilità di formare una maggioranza di governo, per rispetto dei cittadini che sono andati a votare. Oltretutto un governo, se proprio deve dimettersi, si dimette su motivazioni politiche, su atti di governo e non mediante un atteggiamento che in questo caso ha dell’infantile.

La proposta di Pirozzi assomiglia al comportamento di quel bambino che subendo una punizione da parte dei genitori comincia a scalciare. Non vorrei che dietro questa illogica proposta si nasconda un alibi per un gioco di trasformismo che porti il sindaco di Amatrice dentro la maggioranza di Zingaretti.

 

Aggiornato il 17 marzo 2018 alle ore 11:45