Bugie e verità

Che volete che dichiarino Silvio Berlusconi e Matteo Renzi, è ovvio che sparino a zero sulle larghe intese, ma in realtà chi disprezza compra.

Oltretutto, specialmente sul fronte renziano, l’ipotesi di riesumare i signori dell’ex Pci, tipo Walter Veltroni non fa altro che rinforzare l’iniziativa consociativa. Veltroni, infatti, rappresenta non solo la necessità nel Partito Democratico di serrare le fila, ma una garanzia da usato sicuro nei rapporti con chi conta accanto a Berlusconi. Insomma, è sempre più possibile che alle prossime elezioni Renzi, anziché rottamare, riporti in campo il “meglio” del passato.

Del resto Veltroni non è l’unico, anzi tra gli ex sindaci della Capitale è tutto uno sgomitare per tornare in scena in un modo o nell’altro, compreso Francesco Rutelli.

Parliamoci chiaro, è stato detto e ripetuto, dietro le apparenze la voglia di larghe intese è sempre più evidente. Che poi tutto possa accadere è altrettanto vero, perché alla fine l’esito dipenderà dalle scelte degli elettori.

Insomma, Renzi per un verso e Berlusconi per l’altro si giocano una doppia, ben sapendo che anche con il “Rosatellum bis” il risultato più probabile sarà quello della grande coalizione di governo. Certo che tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, perché i numeri per un Governo allargato non saranno facili da raggiungere, ma i colonnelli e le segreterie lavorano per questo. Nella stessa Lega di Matteo Salvini c’è chi sarebbe pronto al grande salto per rinforzare i numeri di una grande coalizione. Per non parlare dei cespugli, delle siepi e degli arbusti che nell’area centrista, sia vicino alla sinistra che alla destra, sarebbero strafelici di entrare in squadra.

Siamo tornati indietro di decenni e sembra che lo sforzo per affermare anche in Italia l’idea dell’alternanza sia andato a farsi friggere, con la scusa della paura dei grillini. Tanto è vero che nei discorsi sul nemico politico da battere, sia a destra che a sinistra, si parla solamente dei pentastellati. Certo il tripolarismo attuale ha reso più complicato tutto, ma la colpa non è di Beppe Grillo, piuttosto di chi a partire da Giorgio Napolitano esautorò Berlusconi per imporre Mario Monti. È da lì, infatti, dal 2011 che l’ascesa dei pentastellati ha iniziato la sua marcia trionfale. Perché nei Cinque Stelle sono confluiti progressivamente tutti gli indignati, i delusi e i contrari a quella devastante esperienza di Governo di larghe intese. È dunque da Monti in poi che il tripolarismo si è andato formando e si è formato proprio contro la scelta di alleanze innaturali. Perché, sia chiaro, è innaturale che Pd e Forza Italia stiano assieme; è innaturale che gli antagonisti facciano gli amici; è innaturale che il tradito si metta con il traditore.

Infatti, il Governo Monti fu un disastro politico, economico, sociale, un disastro che paghiamo ancora oggi. L’Italia ha bisogno di maggioranze chiare legate da un programma condiviso e da un progetto comune per risollevarla dal precipizio che vive. Nessuna larga intesa potrebbe farlo, perché per definizione uscirebbe fuori solo un inciucio di potere e di galleggiamento inutile e dannoso. Oggi il centrodestra se si unisse per davvero potrebbe ritornare a vincere, riscoprendo l’entusiasmo della scelta di campo e dell’appartenenza. Del resto anche i numeri per quanto parziali ci dicono che l’unica coalizione in grado di scavalcare il 40 per cento è quella del centrodestra. Rinunciare a provarci fino in fondo, a sconfiggere chi crede che l’inciucio porti bene, sarebbe un errore tragico. L’Italia non è la Germania, dove le grosse coalizioni funzionano perché funziona il Paese, l’economia e la società.

Da noi purtroppo gli inciuci chiamano inciuci, le incoerenze chiamano le pastette, le accozzaglie chiamano gli interessi personali. Sarebbe ora che qualcuno pensasse al Paese, che di tutto ha bisogno fuorché di pastoni di governo. Gli italiani lo sanno bene.

Aggiornato il 16 ottobre 2017 alle ore 20:59