Ho avuto modo di sentirmi apostrofato da qualcuno che, per difendere l’operato dei governi di sinistra che si sono succeduti da Mario Monti in poi, sosteneva che le tasse sono una necessità degli Stati ed è impossibile abolirle. Vero, verissimo che non si possono abolire perché con esse si organizza il Paese in cui si vive e lo si rende più vivibile con la sua organizzazione e le sue infrastrutture. Ciò che si contesta ai governi di sinistra non sono le tasse che nessuno può pensare di poter abolire, ma la loro assurda entità che ci sta, letteralmente, soffocando.
“Sì - mi ha risposto l’interlocutore - è facile a dirsi ma non a farsi”. E no! Le cose non stanno così come si crede: le tasse alte non sono un accidente della natura o una necessità imprescindibile, ma il frutto di politiche errate e sperperatrici decise da chi inseguiva la scorciatoia per conquistare il consenso elettorale, non badando al futuro e evitando di impegnarsi in investimenti strutturali.
Va ricordato che per far quadrare i conti di uno Stato ci sono, essenzialmente, due modi: o si aumentano le entrate o si riducono le uscite. Sulle prime la sinistra pensa sia giusto ottenerle con l’aumento delle tasse inventandosene una al giorno (qualche ministro di sinistra, in passato, dichiarò che “le tasse sono bellissime” ma forse, in quel momento, pensava a quelle degli altri); mentre le seconde le affrontano, con coraggio, solo le forze moderate e liberali.
Mentre le prime (le entrate), in questi anni, sono servite e si vorrebbero farle servire ancora solo per finanziare i bonus e le mance, di ogni ordine e grado, per conquistare il consenso che si pensa, erroneamente, che possa essere eterno ma che non è servito a niente neanche a incentivare i consumi come Matteo Renzi prevedeva. Domandate, però, al giovane di Rignano sull’Arno quanto è costato il suo esordio con gli 80 euro e se si è trattato, o meno, di svariati miliardi di euro letteralmente sperperati quando, invece, potevano essere utilizzati per avviare la ripresa dopo la drammatica crisi che non è ancora cessata malgrado gli evviva suoi e del ministro Pier Carlo Padoan.
La seconda “medicina” preferita dalle forze di centrodestra poteva liberare somme, bloccate da un uso clientelare, senza dilapidare oltre 6 miliardi (quanto sono costati gli 80 euro nel 2015 che, comunque, vengono ripetuti negli anni successivi), potendo permettere all’Italia di affrontare giorni migliori di quelli patiti. La sinistra ha solo pensato di usare questa “medicina” ma la spending review, affidata a due autorevoli economisti quali erano e sono Cottarelli e Perotti non è mai riuscita ad arrivare al capolinea.
I due economisti erano arrivati alle stesse conclusioni ma Cottarelli è stato rimosso dall’incarico con una promozione europea targata Renzi, mentre Perotti è stato costretto a dimettersi perché non ha voluto sottoscrivere una “porcata” di “riduzione della spesa”. I due signor “forbici” avevano individuato in oltre 8mila le società partecipate da portare, nel giro di alcuni anni, a sole 1000. Dai ‘rubinetti’ dello sperpero potevano uscire somme consistenti per innescare politiche di sviluppo. Ma purtroppo non è solo mancato il coraggio ma non si è voluto bloccare uno dei canali principali del clientelismo.
Ora non passa giorno senza la notizia di una nuova gabella pensata, ideata e proposta dal Governo. Le ultime in ordine di tempo sono quelle della tassa su ogni sigaretta che si accende e, più di recente, quella che penalizza le pensioni degli anziani che hanno bisogno di una badante. La sinistra continua a non capire che con l’aumento delle tasse si spingono i contribuenti ad utilizzare mille scappatoie per ridurre il salasso rischiando, comunque, di essere scoperti e costretti a subire le conseguenze. Ma se le tasse scendono nessuno vorrà rischiare dette conseguenze. Il rischio non varrebbe la candela.
Questo, comunque, è uno dei nodi principali di chi sarà chiamato al governo del Paese. Se si vuole cambiare registro bisogna evitare di far continuare gli esperimenti alla sinistra, così come è autolesionista affidare le sorti del Governo a chi non sa amministrare neanche una città. Nei momenti difficili, comunque, gli italiani sanno scegliere. Ne siamo più che convinti.
Aggiornato il 11 ottobre 2017 alle ore 09:12