
Hanno spiegato la loro idea d’Italia, presentandosi a Cernobbio come aspiranti capi del Governo. Ma nella loro sfilata davanti agli imprenditori del Forum Ambrosetti Luigi Di Maio e Matteo Salvini, i due giovani leader di M5S e Lega, non hanno mai concesso una foto insieme. Entrambi hanno però moderato i toni, senza risparmiare comunque critiche al governo e alle politiche europee, in vista delle imminenti elezioni. Di Maio e Salvini si sono presentati come futuri interlocutori istituzionali di un mondo, quello della grande impresa e della finanza, che ha iniziato a studiarli con interesse.
“Oggi propongo il nostro programma di governo, l’anno prossimo sarò qui come Lega di governo - ha detto il segretario del Carroccio - L’Italia merita di correre, con meno vincoli e meno tasse”. Salvini ha aggiunto di avere “abbastanza esperienza” per fare il premier, ricordando che in Europa lo fanno diversi suoi coetanei quarantenni. Ma chi guiderà il centrodestra, fra lui e Silvio Berlusconi, “lo deciderà chi avrà preso un voto in più” alle elezioni. Priorità del programma illustrato alla platea e agli alleati di centrodestra: flat tax al 15%, sovranità monetaria anche se non ci sarà una richiesta di uscita dall’euro, blocco dell’immigrazione illegale (“Minniti lo sta facendo con quattro anni di ritardo rispetto a quanto dicevamo noi”), meno bonus e più strategia con, come primo indicatore da seguire, “le culle”, perché un Paese “non sta in piedi” se non si fanno figli. Salvini si è concesso a più riprese ai giornalisti, smentendo che l’unica speranza per l’Italia siano i 5 stelle: “chiedetelo ai romani...”.
Più defilato Di Maio che con la stampa è tornato a difendere la decisione di venire a Cernobbio, spiegando di essere venuto al Forum per “parlare di proposte e non a fare polemiche”. “Vogliamo governare questo Paese - ha sottolineato il vicepresidente della Camera -. In questi anni è stato detto molto sul M5S, ma alcune posizioni sono state anche strumentalizzate ed esasperate. Non vogliamo un’Italia populista, estremista o anti europeista, il nostro obiettivo è creare e non distruggere”. Nessuna intenzione dunque, ha rassicurato Di Maio, di uscire dall’Europa e anzi, l’idea di un referendum per lasciare l’euro voleva servire da “peso contrattuale, come estrema ratio e via di uscita” per discutere “alcune delle regole che stanno soffocando e danneggiando la nostra economia”. Non un partito contro le imprese ma un impegno a creare “una Italia smart nation, che investa nelle nuove tecnologie sia nel pubblico sia nel privato”. “Noi valutiamo i partiti e la politica dai provvedimenti - ha detto il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia -, non dalle persone. Per noi in teoria sono tutti credibili, dipende poi dalle proposte”. Secondo il ministro della Giustizia Andrea Orlando, “lo sdoganamento” di Di Maio e Salvini “lo hanno fatto gli elettori”. “Penso sia giusto prendere atto di queste realtà politiche, per le quali però - ha concluso l’esponente del Pd - è difficile fare i conti con la realtà”.
Aggiornato il 04 settembre 2017 alle ore 11:01