Roma Capitale e la notte di San Lorenzo

Quando cadono le stelle. Accade nella notte di San Lorenzo e in quella interminabile del Movimento 5 Stelle a Roma. Un fenomeno annuale, nel primo caso; un flagello che perdura nel tempo, nel secondo. Eppure, l’avventura della sindaca Virginia Raggi e di Beppe Grillo nella Capitale era iniziata con un robusto e colorito squillo di trombe, del tipo “Onestà-Onestà-Ratatatà”, sul modello del tamburino sardo che suona la carica contro la corruzione e l’inefficienza endemiche di una Capitale vessata dalla sua burocrazia malata e barbara, nemica del cittadino di ogni condizione ed estrazione sociale. Dopo quasi due anni, i romani affondano ancora più di prima nella melma funzionale e ideologica prodotta dalla paralisi amministrativa dei servizi pubblici locali in cui muoiono, per assenza di alternative valide, le speranze di un qualsiasi miglioramento della condizione metropolitana. Sul piano nazionale e locale, i cittadini fanno i conti con il devastante assistenzialismo d’accatto (soprattutto di sinistra!) che, da decenni, impone ai contribuenti i costi fuori natura della politica e delle pubbliche amministrazioni. Lo spettacolo desolante riguarda, in particolare, quei mostriciattoli giuridici delle partecipate municipalizzate, come l’Atac e l’Ama, nel caso di Roma, fabbriche inesauribili di posti di lavoro fasulli, di pratiche clientelari e di ruberie di ogni tipo.

Ovvero: tassi di assenteismo inescusabili e del tutto fuori standard; micro corporazioni sindacali che proteggono i fannulloni e rendono la vita impossibile anche alle più blande riforme organizzative interne e a un minimo di efficienza nei controlli su permessi sindacali, congedi malattie, ferie e turnazioni. Per piegare al loro volere le amministrazioni locali costoro si avvalgono dello sciopero di solidarietà: in tal modo, sigle con poche decine di iscritti riescono a tenere in pugno la cittadinanza intera con scioperi e astensioni selvaggi dal lavoro, che inondano di rifiuti le strade cittadine o paralizzano il traffico urbano, tagliando letteralmente le gambe al diritto di mobilità di tutti coloro che pagano le tasse per avere in cambio servizi pubblici da Terzo Mondo. E dire che il Comune di Roma non ha nulla da invidiare a Parigi e Londra per numero di dipendenti! Qualche migliaio di irreperibili vigili urbani che non vigilano su nulla, favorendo così l’instaurarsi del caos e dell’anarchia causati dal traffico ultra congestionato, dal parcheggio selvaggio in doppia e tripla fila, dall’abusivismo dilagante nei commerci ambulanti e nelle costruzioni che violano sistematicamente regolamenti edilizi e vincoli all’utilizzo del suolo pubblico. 

Mi sono sempre chiesto, per esempio, chi davvero abbia il controllo degli innumerevoli esercizi commerciali (negozi, ristoranti, grandi e piccoli magazzini, con scritte bilingue come gli ideogrammi dipinti sulle vetrine e tradotti in italiano), gestiti rigorosamente da extracomunitari di chiara origine asiatica. Da dove vengono tutti questi giganteschi capitali per acquistare centinaia di esercizi commerciali già gestiti da autoctoni, rilevando in massa licenze e immobili? Chi rilascia tali autorizzazioni? A chi compete la compilazione delle statistiche relative? Se non vendo nulla, per capirci, come faccio a stare aperto e remunerare i miei lavoranti? Evitiamo, anche in questo caso, di contemplare solo il dito indice che punta alla luna, ma facciamo un tentativo serio di capire che cosa accade, guardando le cose un po’ dall’alto. Non vi sembra questa un’invasione perfettamente organizzata da uno Stato superpotente, con parecchie migliaia di miliardi di dollari di surplus commerciale, che fa pesanti investimenti immobiliari all’estero trasferendo nei maggiori Paesi occidentali forza lavoro giovane e capitali in eccesso? Personalmente, la vedo come una guerra d’invasione mai dichiarata e già vinta in silenzio dalle autorità di Pechino con la complicità di Bruxelles e delle forze globaliste, nemiche giurate del nazionalismo.

 

Un’ultima considerazione. Se ricordo bene, nelle fasi immediatamente precedenti  e successive alla caduta della Giunta Marino emerse lo scandalo epocale degli affitti di comodo delle migliaia di immobili comunali, gestiti dai burocrati capitolini come un bottino da spartirsi, suddividendo in lotti cartacei gli archivi comunali relativi. Ciascuno con il suo piccolo tesoretto e feudo immobiliare, che gestiva secondo la regola del compare, arricchendosi illecitamente con bustarelle e scambio di favori vari, in cambio di affitti irrisori. La Corte dei conti all’epoca ha evidenziato un danno erariale per centinaia di milioni di euro. Che fine hanno fatto quei procedimenti? Il commissario Tronca fece riempire interi tir per trasportare quei faldoni in luogo sicuro affinché fosse informatizzata l’intera gestione immobiliare. Che fine ha fatto tutto ciò? Perché quelli dello slogan “Onestà...” non hanno portato a termine l’operazione di trasparenza da noi suggerita anni fa, come quella di mettere online tutti i contratti di affitto in essere, citandone la scadenza e le condizioni di rinnovo, in modo da porre fin da subito all’asta quelli da liberare, per ricevere così proposte di affitto molto più vantaggiose dai singoli cittadini? Oh Roma Caput immundi!

Aggiornato il 31 agosto 2017 alle ore 10:53