
Nei primi due articoli articoli dedicati a “via Fani secondo Pecorelli” il tentativo più ampio è stato quello di far emergere, necessariamente per sommi capi, quello che è stato il giornalismo di Mino Pecorelli, ripercorrendo nel contempo alcune tappe di quello che probabilmente è stato l’unico vero golpe della nostra storia repubblicana. Proprio per la complessità dell’argomento, quello a cui punta questa terza e conclusiva parte, emana unicamente dagli scritti di Pecorelli, che ricordiamo lanciò nelle edicole OP settimanale proprio alle idi di marzo del 1978!
Per chi poi, incuriosito anche dal quarantennale della strage di via Fani del prossimo 16 marzo, volesse approfondire, a breve inizierà la pubblicazione su www.romanord.tv di un web-doc a puntate dal titolo “Mino Pecorelli ore 9: Moro deve morire”, realizzato dall’associazione di promozione sociale Roma Kult, a budget zero.
È dunque tempo di rileggere dei “flash” di Mino Pecorelli in quella che il colonnello Nicola Falde definiva “incontinentia pubblicandi”: “Memoriali veri e memoriali falsi” - “Un memoriale mal confezionato” - “La bomba Moro non è scoppiata. Il memoriale, almeno quella parte recuperata nel covo milanese, non ha provocato gli effetti devastanti tanto a lungo paventati. Esiste infine un memoriale in cui Moro sveli invece importanti segreti di stato?” - “Le Brigate Rosse non rappresentano il motore principale del missile, esse agiscono come motorino per la correzione della rotta dell’astronave Italia... avranno in cambio trattamenti di favore quando la pacificazione nazionale sarà un fatto compiuto e una grande amnistia verrà a tutto lavare e a tutto obliare”.
Poi focalizziamo su una delle tante “frasi particolari” di Mino: “Stralci del memoriale Moro si riferiscono a Miceli”. E non trovando nessun riscontro sul generale nel memoriale “ufficiale” di Moro, abbiamo subito la sensazione che Pecorelli avesse in mano “tutto” il memoriale, anche la parte censurata dal presunto segreto di stato e quindi non “rilasciata” nei due ritrovamenti del 1978 e 1990. Le privilegiate fonti di Mino Pecorelli sono definitivamente confermate anche dalla pubblicazioni di lettere di Moro coperte da segreto istruttorio: “Il mio sangue ricada su Cossiga e Zaccagnini – Possibile che siate tutti d’accordo nel volere la mia morte per una presunta ragion di Stato che qualcuno lividamente vi suggerisce, quasi a soluzione di tutti i mali del Paese?”.
E quindi il gran finale: “Il ministro di polizia (ndr: Cossiga) sapeva tutto, sapeva persino dove era tenuto prigioniero: dalle parti del ghetto... (ebraico)... Un generale dei carabinieri... (ndr: definito Amen ovvero Dalla Chiesa) era andato a riferirglielo di persona, nella massima segretezza... Il ministro non poteva decidere nulla su due piedi... doveva sentire più in alto... la loggia di Cristo in Paradiso (ndr: la P2)... Il ministro era in attesa che arrivasse la comunicazione che Moro era libero. Moro invece è stato ucciso. In macchina...” – “Torneremo a parlare del passo carrabile al centro di Roma, delle trattative intercorse, degli sciacalli che hanno giocato al rialzo...”. Ma purtroppo Mino Pecorelli fu assassinato da un “ignoto-noto” sicario mafioso prima che potesse proseguire questo suo lavoro da vero giornalista.
Aggiornato il 29 agosto 2017 alle ore 19:56