Che c’entra la polizia

Quando da realisti e non razzisti scrivevano già tre anni fa che “Triton” fosse una follia e che una immigrazione incontrollata sarebbe stata devastante, avevamo ragione.

Allora come ora pensavamo ai tanti casi, purtroppo simili a quello dell’edificio di via Curtatone, che nel Paese si sarebbero creati. Allora come ora pensavamo all’esplosione del caporalato che nel Sud avrebbe condotto alla creazione di “villaggi dello sfruttamento”. Allora come ora pensavamo alla deflagrazione della protesta di tanti territori obbligati ad accogliere senza alcuna predisposizione per farlo. Allora come ora pensavamo all’inevitabile incremento dell’illegalità che sarebbe nata dallo sparpagliamento di migliaia di sconosciuti in giro per il nostro Paese. Allora come ora pensavamo al costo e alla reazione sociale che sarebbe nata in un Paese come il nostro, già malato di squilibri nel welfare.

I nostri, allora come ora, non erano pensieri geniali da Nobel della scienza, ma più semplicemente elementari deduzioni dell’analisi dell’Italia. Era ovvio, infatti, non solo che il Paese non fosse attrezzato a un’accoglienza oceanica e incontrollata, ma che la gravità dei problemi preesistenti sarebbe esplosa. Crisi, disoccupazione, austerità, insicurezza, allora come ora, già bastavano e avanzavano a rendere l’Italia prossima alla frattura sociale. Oltretutto, era perfettamente nota la mancanza di una organizzazione strutturale, allenata e adeguata a fronteggiare e risolvere fenomeni di tali dimensioni.

L’accoglienza, infatti, non è una bella parola con cui riempirsi la bocca per apparire bravi e buoni, meno che mai quando la si esorta e stimola a diventare incessante e oceanica. Non basta e non può bastare aprire le braccia e poi ipocritamente di fronte ai problemi iniziare la gara delle colpe e delle responsabilità. Eppure da noi così si è fatto; Governo, maggioranza, Vaticano, intellettuali, mondo radical-chic e cattocomunista, tutti a strombazzare per una accoglienza illimitata e salvifica. Tanto si è fatto da ingenerare una ipocrita corsa a venire in Italia da parte di tutti e ovviamente la corsa si è scatenata. Dal nulla sono nate cooperative per la ricezione e l’integrazione, da tutto il mondo sono partite navi per imbarcare e sbarcare in Italia gli immigrati, come funghi sono spuntate organizzazioni d’accoglienza.

Insomma, nello spazio di un mattino, la penisola italiana è sembrata trasformarsi per incanto in un Paese strutturalmente in grado di offrire tutto il necessario per affrontare e risolvere un problema tanto grande quanto drammatico. Ovviamente non era e non è così, solo l’ipocrisia lo ha fatto credere e le conseguenze purtroppo si vedono e si vedranno sempre di più. Ecco perché l’episodio di via Curtatone è solamente la punta di un iceberg che si fa finta di non vedere. Come si fa finta di non vedere il caporalato dei villaggi dello sfruttamento, le strade della prostituzione nei centri urbani, le bancarelle illegali disseminate ovunque, le favelas di periferia.

Insomma si fa finta, eppure le realtà ci sono e con l’immigrazione si sono drammaticamente moltiplicate in questi anni. A fronte di questa triste emergenza il più vergognoso degli scaricabarile della politica, è arrivato ad accusare la polizia chiamata a intervenire così come è successo a Roma. Si è preso spunto da una frase scellerata di un funzionario magari “esaurito”, che andrebbe messo a riposo per un po’, per attaccare il lavoro della polizia di Stato. Roba da matti. La polizia non c’entra, c’entra invece l’incapacità, la scriteriatezza di chi in questi anni sull’accoglienza ha giocato una partita elettorale ipocrita, interessata e dissennata. Come finirà è difficile a prevedersi, certo che i problemi non finiranno a Roma con via Curtatone. Del resto, guarda caso i “fascisti, razzisti, xenofobi, disumani” contrari all’accoglienza senza limiti e controlli, avevano esattamente immaginato e segnalato purtroppo, quello che sarebbe accaduto.

Aggiornato il 31 agosto 2017 alle ore 10:32