Delle due l’una, o tecnico o politico

Ogni tanto Tito Boeri, presidente dell’Inps, non riesce a resistere al fascino del proscenio, delle telecamere e delle interviste, dunque finisce con il cedere al richiamo dello schermo illuminato e parla. Non è nuovo  il numero uno della più strategica, discussa e grande azienda di Stato, a dichiarazioni che non sono tecniche ma politiche.

Sia chiaro, Boeri accompagna sempre le sue intemerate con dovizia di numeri, cifre e percentuali, ma è chiaro al mondo quanto dietro qualche conto ci sia un messaggio politico. Neanche a farlo apposta il taglio che ne esce fuori è sempre in linea con il sinistra pensiero radical chic. Per carità nulla di male, per noi liberali e democratici è normale anche se singolare che in testa a tante grandi aziende pubbliche ci sia gente di sinistra. Semmai è proprio la sinistra a tuonare al pericolo, al rischio democratico quando raramente capita il contrario.

La sinistra, si sa, specialmente quella radical chic, è abituata a pontificare sui diritti, sulle emarginazioni, sull’enormità del debito pubblico, da  comode e privilegiate posizioni di Stato. Posizioni oltretutto che, nella gran totalità dei casi, vengono raggiunte non per concorso, per superiorità di titoli e quant’altro, ma per semplice scelta politica. Ovviamente nulla di personale su Tito Boeri, al quale va riconosciuto uno stile elegante rispetto a tanti altri che come lui si trovano ai vertici di colossi di Stato, o delle istituzioni.

Insomma, per farla breve gli uomini del sinistra pensiero quasi sempre arringano sul malessere sociale e economico, da posizioni più che privilegiate, parliamo di manager, super burocrati, professori, commissari, governatori e quant’altro sia che si trovi ai vertici del Paese. Una strana cosa questa che li porta a vivere e amare quel mondo coccolato, ricco, comodo, ovattato del potere, dal quale poi tuonano contro gli sprechi, gli sperperi, le disuguaglianze e gli eccessi di Stato.

Il presidente Boeri oggi ci ammonisce e diffida dalle inquietudini e dal disappunto contro una immigrazione sfuggita oramai a ogni controllo. Parliamo degli sbarchi che ogni anno ci consegnano centinaia di migliaia di persone perlopiù sconosciute e non identificabili. Una marea di gente che accogliamo e sparpagliamo per il Paese, lasciando che nella stragrande parte dei casi finisca in mano al malaffare, o alla più pericolosa nullafacenza, perché niente c’è da fare.

Su questo a modo suo  Boeri ci bacchetta con un messaggio che non è tecnico ma politico, perché parte da cifre e numeri sugli immigrati che nulla c’entrano con l’assedio degli sbarchi. Perché Boeri si riferisce a quella notevole quota di extracomunitari e non solo, che nel tempo si sono integrati e inseriti nel legale circuito del lavoro. Si tratta cioè di una quantità di persone che con volontà, dirittura, ma anche fortuna, hanno riempito quello spazio occupazionale che maldestramente troppi italiani hanno snobbato negli anni. Ma quello che Boeri omette di dire, o forse meglio dice sottovoce, è che questo fenomeno è vecchio e si è andato concretizzando lentamente  a fronte di una immigrazione ben lungi dall’essere simile a quella attuale.

Infatti, la maggior parte di quegli immigrati a cui si riferisce Boeri e che così tanto partecipa al sostegno previdenziale di tutti, è arrivata da noi tanto tempo fa e per così dire a piccole ondate. Oltretutto il contesto del Paese allora era molto diverso da quello attuale, non c’era la crisi che c’è ora, non c’era nemmeno l’Euro,  comunque non c’era l’Europa che c’è adesso. Ecco perché in quel quadro di riferimento così tanti stranieri sono riusciti a rimpiazzare i vuoti esistenti, sia nel lavoro dipendente sia in quello indipendente.

Ma tutto ciò nulla, ma proprio nulla c’entra con il fenomeno e il rischio attuale di una immigrazione di massa, incontrollata e incontenibile. In questi anni, infatti, il Paese si è impoverito, si è ulteriormente indebitato per la scelleratezza della politica, si è aggravata la disoccupazione, è esplosa la crisi dei consumi e degli investimenti, è cresciuta l’insicurezza sociale. Ecco perché mandare in un quadro come questo messaggi politici sull’importanza dell’accoglienza tout court, come fosse indispensabile e salvifica è sbagliato, rischioso, inutile e dannoso.

Per mantenere in ordine, ora e dopo, i conti dell’Inps tante sono le voci sulle quali ci sarebbe da discutere se veramente si volesse farlo. Pensioni d’oro, separazione fra previdenza e assistenza, riforma degli ammortizzatori, controlli a tappeto sui furbetti di ogni tipo, contributi figurativi, sistemi di ripartizione, criteri d’invalidità e tanto altro. Annunciare agli italiani che il sistema previdenziale si può salvare solo con l’immigrazione, giocando sulla parola, può significare solo due cose: o la resa per incapacità a una grande, profonda, più equa e moderna riforma del comparto, o che l’immigrazione oceanica serve per qualche cosa di diverso... Ecco perché, caro Boeri, la invitiamo a scegliere se fare il tecnico oppure il politico, ma nel secondo caso, ça va sans dire, dovrebbe rapidamente “emigrare” dall’Inps.

Aggiornato il 05 luglio 2017 alle ore 21:52