Movimento 5 Sberle

Non c’è bisogno di scomodare la buonanima di Sartori per cogliere una serie di segnali semplici semplici che il risultato elettorale ci consegna quasi sbattendoceli in faccia. In primo luogo il sistema elettorale dei comuni funziona e incontra il gradimento dei cittadini perché è una legge chiara, perché dopo il ballottaggio si sa chi ha vinto, perché puoi sceglierti il tuo rappresentante e perché semplifica il quadro politico spingendo i partiti a stare in coalizione facendo di necessità virtù.

Questo dovrebbe far riflettere i paladini delle liste bloccate o del proporzionale puro che in queste ore cercano la quadra in Parlamento per creare un papocchio elettorale nazionale contro il sentire popolare. Il tutto finalizzato ad alimentare i giochi parlamentari con l’intento di fare e disfare i Governi nel Palazzo togliendo ai cittadini finanche la possibilità di scegliersi i propri rappresentanti. Questa è follia bella e buona che rischia di alimentare la disaffezione verso la politica facendo fare al Paese un balzo indietro di qualche decennio con il solo intento di neutralizzare il Movimento Cinque Stelle, quello che fino a ieri sembrava un’armata invincibile. Era sbagliato prima delle Amministrative fare una legge non maggioritaria contro un solo partito così come sarebbe sbagliato oggi fare una legge che derivasse direttamente dal risultato delle Amministrative.

Un segnale però va colto ed è forse quello più evidente che la tornata amministrativa ci restituisce e che rafforza il ragionamento appena illustrato: la gente ha votato delle coalizioni (il centrodestra e il centrosinistra) nonostante a livello nazionale questi stessi rassemblement non esistano più, segno che il bipolarismo non è finito e che i Cinque Stelle sono nati a causa della sola disgregazione dei poli. La logica maggioritaria non era quindi sbagliata né morta, tanto che un suo mero arretramento ha generato i grillini.

La gente, in prevalenza, o ha votato qualcosa che somiglia ai defunti Polo e Ulivo o non è andata a votare utilizzando - questa volta - come forma di protesta l’astensione non ripiegando più sui Cinque Stelle che sono diventati “Cinque Sberle” in una notte. Le sberle ci sono state e, checché ne dica Luigi Di Maio, sono state fragorose anche se sarebbe sciocco considerare il fenomeno grillino al declino per una semplice tornata amministrativa. Sarebbe altrettanto superficiale di per contro bollare la battuta di arresto adducendo come scusante il mancato radicamento del movimento sul territorio e la caratterizzazione del bacino elettorale più come di opinione e quindi più adatto ad elezioni di tipo politico. Sarebbe ingeneroso perché allora non si spiegherebbe come proprio i pentastellati, pescando nello stesso bacino elettorale, siano riusciti in passato a conquistare città come Parma, Roma (circoscrizioni comprese) e Torino.

Allora vien da pensare che le cinque sberle abbiano radici ben più profonde che affondano nel disincanto: se perseveri ad essere pentastellato a vent’anni sei un tenero entusiasta, se invece insisti a quaranta hai problemi grossi. Gli inciuci parlamentari sulla legge elettorale, l’immobilismo della giunta Raggi, i pasticciacci brutti di Torino, la teoria “dell’uno vale uno” che funziona solo se il web vota come vuole Belle Grillo, sono tutti indizi che portano alla sfiducia dell’elettore grillino, il quale anche un po’ scazzato deve aver pensato che se i suoi beniamini sono come tutti gli altri, tanto vale votare tutti gli altri o non votare per nulla. Se poi viene a cadere anche il sacro equivoco dell’onestà e l’utopia della gente comune che amministra meglio dei parrucconi, allora si incrina uno dei capisaldi del Movimento: noi contro loro. Allora a quel punto, dopo aver assistito a livello locale e nazionale a colpi di mano correntizi manco fossimo nella balena bianca, il militante medio deve essersi posto una serie di domande, prima fra tutte in cosa si sostanzi questa fantomatica onestà: vuol dire solo non rubare? E probabilmente in molti devono aver creduto che il profilo penale non sia sufficiente a fare di un grillino un politico diverso, perché onestà significa anche non fare cordate e giochetti allo sfascio ma anche onestà intellettuale di chi assume incarichi politici avendo la competenza per fare ciò che promette. E di competenza in campo pentastellato se ne è vista pochissima finora. I Cinque Stelle hanno invece fatto del becero populismo ragionando da opposizione, della facile speculazione sulle miserie della politica tradizionale onde poi chiedere tempo e trovare mille scuse quando la palla decisionale è passata nelle loro mani. E questo deve aver pesato molto insospettendo l’elettorato che, da orgoglioso di aver contribuito ad impalcare forze fresche e pulite, si è trasformato in sospettoso se non addirittura sfiduciato.

Il credito verso i Di Maio boys esiste ancora anche se comincia a serpeggiare qualche perplessità: ad esempio su temi come la decrescita felice o il reddito di cittadinanza (nulla è gratuito, se tu prendi il reddito di cittadinanza vuol dire che la fiscalità generale è costretta a pagare non potendoselo permettere dato il debito pubblico e la pressione fiscale).

Il popolo grillino ha smesso di sognare e, nonostante ciò non segni il declino di un movimento che sarebbe stupido dare per morto, ne intacca fortemente lo smalto e la capacità propulsiva.

Aggiornato il 16 giugno 2017 alle ore 12:00