
Mentre in Europa e nel mondo si vota e si rivota anche anticipatamente, se necessario e senza alcun patema d’animo, da noi il voto anzitempo è sempre uno spauracchio. In Spagna sono andati alle urne ripetutamente fino a ottenere stabilità, in Inghilterra Theresa May non ha avuto problemi a convocare i cittadini prima del previsto, in Francia in passato è accaduto lo stesso. In Austria addirittura recentemente le presidenziali sono state ripetute a distanza di pochi mesi di fronte al dubbio sui conteggi. Da noi no, non è così.
In Italia, specialmente negli ultimi venti anni, ogni volta che si profila questa democratica necessità c’è sempre un gruppone trasversale che incita al terrore e aizza al pericolo l’opinione pubblica.
Insomma, con una scusa o con l’altra dalla più ridicola a quella meno, nel nostro Paese l’idea di sciogliere le Camere per sentire i cittadini suscita in molti l’orticaria. Nel caso odierno il fatto è addirittura risibile, non solo perché si tratterebbe di un anticipo di sei, sette mesi, ma perché ogni logica dovrebbe invece spingere a elezioni rapide. Rapide perché gli impegni nel 2018 saranno gravosi, perché il Governo in carica è il terzo non eletto in corso di legislatura e perché proprio per questo, l’esecutivo è privo oramai della forza necessaria.
Dunque ogni logica del buon senso dovrebbe portare a rimettere tutto nelle mani degli italiani, per consentire a un governo nuovo di zecca di affrontare le montagne russe del 2018 con pienezza di mandato. Eppure in tanti, dai più autorevoli ai meno, o titubano, oppure hanno paura e ansie di ogni sorta, con le quali cercano di suggestionare la gente, perché? Si accampa la scusa dell’estate, si paventa la reazione dei mercati e infine si pone l’accento sulla gravità di una finanziaria da chiudere entro dicembre. A parte il fatto che la finanziaria, voto o no, da sempre finisce con l’essere confezionata all’ultimo per i soliti scontri sugli appetiti politici, ma poi, prima o dopo, sempre imponente dovrà risultare. Ed è proprio su questo che la paura fa novanta, perché da noi governi e maggioranze prima sprecano, sperperano, dilapidano tempo e risorse e poi hanno il terrore di aver indebitato ancora di più il Paese, di non aver avuto il coraggio di tagliare le spese vergognose, di non essere intervenuti sui capitoli che non funzionano solo per ipocrisia. Parliamo di ipocrisia perché tutti in Italia sanno bene degli Enti inutili da chiudere, delle pensioni d’oro da tagliare, della nullafacenza di un pezzo dello Stato, della giustizia ingiusta, della persecuzione fiscale.
La politica e le maggioranze che si sono succedute sanno bene degli sprechi che fanno e di quelli che sono stati fatti, sanno bene dei super-stipendi dei manager che hanno spolpato aziende pubbliche, sanno bene della insostenibilità di alcuni organismi di Stato. Sanno bene, infine, dei soprusi fiscali e delle cartelle pazze, della follia burocratica e dei furbetti, sanno insomma dei malfunzionamenti e delle nomine clientelari. Lo sanno perché sono stati loro o a fare o a non fare per correggere, o a volere o a non volere per tagliare quello che andava tagliato, o a disporre o a non disporre che fosse veramente pace fra un fisco persecutorio e una giustizia ingiusta e i cittadini. Ecco perché quando si arriva al voto in tanti hanno paura, una paura fottuta e nonostante il pelo sullo stomaco la loro coscienza parla. Non solo parla la coscienza, ma per la gravità di quello che hanno combinato, l’Europa e i suoi vincoli ci mettono sempre di più in un vicolo cieco.
Insomma, fosse per loro non solo non ci farebbero votare mai, ma l’Europa dovrebbe continuare a darci flessibilità, Mario Draghi a fare Quantitative easing in eterno e la polvere restare sotto il tappeto. Basta, è ora di dire basta, all’Italia serve coraggio e non paura, serve realismo e non ipocrisia, serve un Governo che abbia la forza morale e culturale di tagliare i nodi che vanno tagliati, per sempre. Solo così il Paese potrà riprendersi e ripartire, fisco, giustizia, apparato pubblico, welfare, serve una vera rivoluzione che inverta la rovina di sempre. Ecco perché bisogna votare subito, dare la parola agli italiani che più di tutti i politici hanno capito cosa fare e con chi. Del resto rimandare ancora sperando di farla franca in pochi mesi, non solo non servirà ma se possibile porterà a un risultato elettorale ancora più clamoroso.
Aggiornato il 31 maggio 2017 alle ore 18:45