Il “rating negativo” per non farci votare

La dittatura finanziaria mondiale sta promuovendo la campagna “le elezioni creano incertezza e spaventano i mercati”: farebbe il paio con l’assioma “meno democrazia uguale più crescita”. Nel mirino ovviamente ci sono le prossime politiche in Italia: potrebbero esserci a settembre (se anticipate) o nella primavera 2018. Ma, anticipate o a nomale scadenza, comunque non sarebbero gradite ai mercati e ai grandi investitori istituzionali che, tramite governi non eletti dal popolo, stanno acquisendo grandi fette del patrimonio italiano (sia privato che pubblico). È evidente che i predoni internazionali intendano allontanare le elezioni per scongiurare un governo che blocchi la svendita dell’Italia. Il problema è che i paesi ricchi dell’Ue vedono nelle elezioni italiane una fonte di instabilità per l’Eurozona. I nordeuropei temono che, chiunque vinca le elezioni in Italia possa, al pari delle forze antieuropeiste, indire un referendum anti-Euro e non pagare debiti e multe Ue.

Gli unici a pagare immediatamente per l’eventuale fallimento dell’Italia sarebbero le banche, in considerazione del fatto che ospitano nei loro bilanci circa 350 miliardi di euro in titoli pubblici italiani (ovvero il debito pubblico). Verrebbero declassati i rating dei nostri istituti, ma non è detto che questo non permetta, dopo circa dieci mesi di confusione, una ricostruzione dell’Italia e col debito azzerato.

Su queste ipotesi starebbe lavorando l’agenzia Standard & Poor’s , che vorrebbe declassare subito il rating dell’Italia (attualmente a “BBB-” con outlook stabile) per scongiurare elezioni con conseguente mancato pagamento dei debiti da parte del Belpaese. Il declassamento dell’Italia, col rating prima delle elezioni, permetterebbe ai mercati di far scivolare il paese nella “categoria speculativa”: ovvero permettere una rapida svendita dell’Italia, e con la complicità di chi la governa. Questa manovra i padroni della finanza vorrebbero avvenisse prima che gli italiani corrano ai ripari grazie alle urne: nel mirino ovviamente ci sono case, risparmi privati e beni demaniali. Per meglio ingannare il popolo, la stampa complice degli speculatori internazionali torna nuovamente a battere la gran cassa delle “mancate riforme strutturali” che “non consentiranno di mantenere a lungo il Paese in area investment grade”.

La minaccia che incombe sull’Italia sotto elezioni è sempre la stessa, e cioè che i grandi investitori internazionali (anche detti investitori istituzionali) diminuirebbero il peso degli asset italiani nei loro portafogli in previsione delle urne: ovviamente ispirati da Standard & Poor’s, declassando ulteriormente il rating sovrano del Belpaese.

È ovvio che, gli speculatori internazionali abbiano da tempo nei palazzi italiani e nei giornali i propri agenti. Ovvero i facilitatori di questa colossale spoliazione. Va detto che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella non si presterebbe mai a questi giochetti speculativi, ed indiscrezioni ci dicono che non intenda per alcun motivo scongiurare le urne. Per Mattarella il paese deve andare ad elezioni entro la scadenza del 2018, e questa si pone come garanzia per la tenuta della democrazia. Ma gli speculatori non vogliono le urne e ci minacciano tramite Standard & Poor’s, perché non si fidano più nemmeno dei vecchi amici di bisbocce come Matteo Renzi, che viene visto come un politico capace di girarsi contro i poteri internazionali pur di garantirsi il consenso elettorale. Infatti, proprio durante le recenti elezioni francesi, avrebbero sottolineato che Renzi non è Macron: per l’attuale presidente francese gli accordi con la grande finanza verrebbero comunque prima di ogni esigenza del popolo, anche di chi lo ha votato. Una bella partita, e chi la sta giocando non esclude d’usare la leva d’una maggiore povertà diffusa in Italia.

Aggiornato il 30 maggio 2017 alle ore 22:43