Il mare di ingiustizie che ha consegnato Falcone al tritolo mafioso

“Io non mando avvisi come coltellate. Chiedere rinvii a giudizio senza la ragionevole probabilità di vincere è immorale. Così si scredita la giustizia”.

Un saggio di puro garantismo.

Commemorato da chi - giornalisti, colleghi magistrati del Csm, politici - lo derise, lo isolò, lo calunniò. Come, in primis, lo Stato che addirittura presentò, a lui e a Paolo Borsellino, il conto spese di vitto ed alloggio quando, nell’agosto del 1985, con al seguito le loro famiglie, minacciati dalla mafia, vennero costretti all’esilio all’Asinara per preparare in sicurezza il maxi-processo.

O come “la Repubblica”, che ora lo celebra e prima, attraverso le sue pagine, lo definiva “un comico, un guitto televisivo”. Come i suoi colleghi stessi che ora ne esaltano la grandezza e prima gli preferirono Antonino Meli a consigliere istruttore della Procura di Palermo e che, quando distrutto da ciò, Falcone lasciò la Sicilia per andare a collaborare a Roma nella Superprocura antimafia, con l’allora grande guardasigilli Claudio Martelli, dissero che tale gesto era da codardi, da traditori, di chi ha paura. Quando, dopo il fallito attentato all’Addaura, organizzato da “menti raffinatissime”, i seguaci di Orlando Cascio sostennero che era stato lo stesso Falcone ad organizzare il tutto per farsi pubblicità. Teatro dell’assurdo? No, cruda realtà.

Lo stesso Leoluca Orlando Cascio che ora lo esalta e prima lo accusava di aver “tenuto chiusi nei cassetti” una serie di documenti riguardanti i delitti eccellenti di mafia, come ad esempio di La Torre, Di Salvo o Piersanti Mattarella.

Si diventa tristi a pensare che Giovanni Falcone non ci sia più da un quarto di secolo mentre a Palermo quel Cascio, sì, ancora lui, si stia ricandidando a sindaco per la quinta volta. Sono stati 500 chili di tritolo a spezzare la sua vita e di sicuro tutte queste ingiustizie, perpetrate nei suoi confronti, lo hanno reso vulnerabile, rendendolo indifeso, esponendolo ad una tale barbarie. Se avessimo avuto qualche Falcone e qualche Borsellino in più, forse in Italia la giustizia esisterebbe davvero.

Aggiornato il 24 maggio 2017 alle ore 20:52