“Come si cambia”

Veramente verrebbe voglia di cantare con ironia sotto la sede del Partito Democratico, la splendida canzone di Fiorella Mannoia: “Come si cambia”. Da Tangentopoli in giù Silvio Berlusconi è stato oggetto del più grande concentrato di indagini, processi, accuse, da parte della magistratura e da parte dei media, che la storia ricordi. Eppure quando si cercava anche solo di fare cenno alla parola gogna, accanimento, attacco politico, i postcomunisti, cattocomunisti, insomma gli eredi di Palmiro Togliatti, insorgevano. Insorgevano con una veemenza livida, rabbiosa, guerriera tale, non solo da far spavento ma da “regime”.

Tutti insieme, ovviamente spalleggiati dall’informazione “compiacente”, oppure “amica”, strillavano all’importanza delle indagini, all’importanza del giornalismo-verità, all’importanza delle intercettazioni e alla fondatezza delle iniziative contro Berlusconi. Per farla breve, i figliocci di Marx, non solo erano da quella parte, ma sostenevano che non c’era accanimento e che verso il Cavaliere fosse tutto giusto e democratico. Chi provava sia in pubblico sia in privato, a sottolineare l’anomalia e il rischio di quel fenomeno devastante, veniva bollato e insultato a ogni piè sospinto. Oggi che tocca a loro e in particolare all’ex Premier Renzi a essere al centro di un fuoco di fila, sia giudiziario che mediatico, per le note vicende Consip, Banca Etruria, gridano al pericolo democratico. Gridano, rilasciano interviste, invocano l’intervento del Consiglio superiore della magistratura, insomma una levata di scudi senza precedenti, contro tutto ciò che ai tempi di Silvio Berlusconi era per loro: nobiltà della democrazia e autonomia della magistratura.

Bene, per tutti quelli come noi che non sono mai cambiati, garantisti allora come ora e dalla parte della libertà, non resta che cantare in coro ai postcomunisti, ai cattocomunisti, agli ex comunisti: “Come si cambia”.

Aggiornato il 19 maggio 2017 alle ore 19:44