
Emmanuel Macron, un “drone” che non può sbagliare alla guida di una Francia sempre più inquieta, delusa e soprattutto distante dalla festa. Del resto, accanto al risultato di Marine Le Pen c’è il dato dell’astensione, che certo non tifa Macron.
La somma dei due numeri, Marine più astensionismo, non solo certifica la spaccatura dei “cittadini”, ma che i radical chic sono all’ultimo jolly disponibile. Va da sé, infatti, che se la presidenza di questo giovanotto ripetesse la falsariga delle due precedenti, Sarkozy e specialmente Hollande, per la Le Pen si aprirebbe un’autostrada. È questo il dato vero che in troppi fingono di trascurare, cioè che quello di Macron più che un trionfo è una scommessa azzardata, in attesa delle politiche di giugno.
Inoltre, nei voti che hanno totalizzato il 65 per cento c’è tutto e il suo contrario, c’è quella Francia che da laica è diventata anche ipocrita, ecco perché il voto di giugno sarà importante. Un’ipocrisia intellettuale che traversa per intero un certo mondo che, partendo dalla rive gauche radical chic, è arrivato ad abbracciare l’establishment e le spoglie di un centrodestra sempre più fasullo.
Infatti, non solo Francois Fillon, ma tanti altri, che nulla avrebbero da spartire con Macron, hanno finito col sostenerlo solo per mancanza di idee e per paura. Ecco perché l’enfant gaté, l’eroe costruito alla Riccardo cuor di Leone, insomma il drone politico di laboratorio, non può sbagliare. Certo è sostenuto dalla Parigi e dall’Europa che conta e che pesa; è sostenuto da tutti quelli che temono il popolo, ma non è detto che basti. Con lui, infatti, non si è schierato solo un mondo che ama il potere, ma uno stile di pensiero che vorrebbe marginalizzare il popolo.
Ecco perché il populismo è descritto in senso dispregiativo, è fatto apparire come un rischio, un pericolo e un’involuzione. Insomma, l’ennesima giravolta filosofica ma anche ipocrita della sinistra, che è vissuta e cresciuta “sul popolo e per il popolo” e che oggi lo teme e lo dileggia. Dunque la domanda nasce spontanea, potrà farcela un giovane scelto ad hoc per essere trasformato in una sorta di Luigi XIII? E poi, chi sarà il suo Richelieu? Bene, anzi male, Richelieu è l’establishment eurofinanziario che lo ha voluto, la moglie che lo proteggerà e la cancelliera Angela Merkel che lo guiderà.
Basterà tutto questo armamentario a fare bene e a risollevare la Francia, l’Europa e il mondo come lui stesso ha trionfalmente annunciato dopo la sua vittoria? Non è detto che basti, anzi, perché quel grande vento contrario a questa Europa, a questi poteri forti, a questa politica costruita ad usum delphini, è un vento che soffia dai polmoni di un mondo di lavoratori, giovani, ceto medio, disoccupati e piccoli imprenditori e professionisti, che con l’Euro sono finiti sui carboni ardenti.
Un vento demonizzato e mai capito, che è cresciuto anno dopo anno sugli sbagli di un’Europa germanocentrica a cui la debolezza della Francia ha tenuto bordone. Un vento, infine, che ha attecchito liberamente e democraticamente così tanto da spaccare l’Europa e il mondo in due, da una parte la conservazione dall’altro la rottura. La rottura con le ipocrisie radical chic, con i caminetti che decidono per tutti, con un Euro che ha favorito solo la Germania, con una politica comunitaria che falsifica i diritti e cancella i doveri.
Ecco perché Macron è l’ultimo jolly, l’ultima trovata, l’ultimo tentativo di una Santa alleanza, nata per sopprimere piuttosto che per cambiare. Staremo a vedere come finirà, ma una cosa è certa la strada è lunga, la situazione si complica e il vero cambiamento è tutt’altro che il nuovo presidente Emmanuel Macron.
Aggiornato il 08 maggio 2017 alle ore 17:37