
Tutto avrei pensato tranne che essere costretto a scrivere delle Primarie del Partito Democratico: lo ammetto, ne avrei fatto volentieri a meno. Poi però arriva il santone di “Grillology” e spiega agli adepti e non che “la democrazia è questione di consentire a tutti i cittadini di informarsi, di esprimere la propria opinione e di rendere effettiva la decisione collettiva”. E ha ragione. Soprattutto quando scrive sul suo blog d’affari che “c’è una superiorità nell’atto di chi è costretto a uscire di casa, recarsi a un seggio, mettersi in coda, chiudersi in una cabina elettorale, fare una croce con una matita e infilare una scheda in una scatola rispetto a chi lo fa da un cellulare in qualsiasi posto si trovi? L’atto democratico non è quello finale del voto, ma il processo informativo che porta a essere consapevoli del voto che viene dato. Clic o scheda è una questione di progresso tecnologico e di offrire un servizio migliore ai cittadini. Il Movimento 5 Stelle, tramite il sistema Rousseau, offre ai suoi iscritti il servizio del voto on-line perché è più comodo e costa meno: è più efficiente”.
Come al solito, quando si parla del M5S, ci sono però i fatti che certificano le balle sparate, tramite l’organo ufficiale (che non si sa di chi è), dal comico genovese e non solo. Per esempio, nel 2015 le “democratiche” consultazioni per il candidato a sindaco pentastellato del Comune di Milano individuò in Patrizia Bedori la persona giusta per correre alla carica di primo cittadino. La Bedori poi si arrese (per motivi vari ed eventuali) e fu designato Gianluca Corrado: per lui, su 876 “iscritti certificati” votarono in 634 (72 per cento). Ci si permette in questa sede di ricordare che Milano ha circa un milione e quattrocentomila abitanti e che quei 634 personaggi rappresentano un po’ meno di niente.
Ancora. A Genova il “servizio migliore ai cittadini” decise che dovesse essere Marika Cassimatis a correre per la setta verso la carica di sindaco. La povera candidata non era comunque gradita al santone e come è finita (a proposito di “rendere effettiva la decisione collettiva”) è noto a tutti. Per la cronaca la Cassimatis riuscì ad avere il consenso di 362 persone, mentre a Genova vivono circa 600mila persone.
E mica finisce qui. A Doride Falduto sono stati sufficienti 20 clic per essere candidata a sindaco del M5S di Monza: il comune brianzolo ha più di 120mila abitanti. Chiudiamo con gli ultimi due casi che, a giudizio di chi scrive, mettono in discussione la presunta democrazia rappresentata dal sistema “diretto” di Grillology. Era il 23 febbraio del 2016 quando il blog-impresa informava che gli iscritti certificati per nominare il futuro candidato alla carica di sindaco della Capitale erano stati 3862 e che Virginia Raggi aveva ottenuto il 45,5 per cento pari a 1764 voti. I numeri (della democrazia non grillina) dicono che gli aventi diritto al voto a Roma erano 2.363.776.
Beppe Grillo e la sua setta raggiunse però il suo apice con la consultazione (naturalmente sempre on-line) per la designazione del candidato 5 Stelle per la presidenza della Repubblica. Il 24 aprile del 2013 si viene a sapere che su 48292 aventi diritto avevano votato in 28518 e la Milena Gabanelli, la più votata, aveva ottenuto 5796 preferenze. Ecco, siamo alla sostanza: è più democratica una consultazione dove 1.850mila persone scelgono il segretario del proprio partito, o poco meno di 30mila che (tramite clic) hanno la presunzione di indicare il capo dello Stato? Come ha twittato l’altro giorno il direttore de “Il Foglio”, Claudio Cerasa, “le primarie ai gazebo sono il simbolo della democrazia in diretta. Le primarie sulla Rete sono il simbolo di una democrazia diretta da”.
Aggiornato il 02 maggio 2017 alle ore 17:03