
Quando ero studente la bestia nera dei miei colleghi di sinistra (e non solo) era il “sistema”, che non era soltanto quello politico, ma coerentemente alla loro ideologia marxista, anche e soprattutto l’assetto di dominio e sfruttamento economico e culturale. Si sa com’è finita: come prevedeva Ionesco, i rivoluzionari del ’68 finirono tutti ad impiegarsi nel sistema “a stipendio e con l’inquadramento”, e, giustamente, anche con pensione più che decorosa.
Mi è ritornata alla mente in questi giorni, con la “tappa francese” del cambiamento in corso, consistente nella sostituzione della scriminante destra/sinistra (meglio borghesia/proletariato) dominante nel “secolo breve” e sopravvissuta, pur indebolita, a quello, con la nuova, che è identità/globalizzazione. Questa subentra alla precedente in modi vari. Tutti comunque accomunati dallo sfasciare il “sistema” nelle sue persone (come rottamazione) o nelle sue istituzioni politiche e/o statali (come deperimento o eliminazione) o, per lo più, in entrambi i modi. Per cui i “segni del cambiamento” sono dati più che dalla vittoria elettorale dei populisti, dalla sostituzione dei vecchi leader con altri, spesso estranei o poco compromessi con il “sistema” e/o con la consunzione delle forze politiche riconducibili alla vecchia discriminante amico/nemico (borghesia/proletariato) in attesa che arrivi lo scrollone definitivo che faccia cadere le mele marce.
Così nelle elezioni austriache i due partiti che nel dopoguerra avevano dominato la scena pubblica sono stati accantonati (insieme avevano riportato circa un quarto dei voti); in quello americano Donald Trump ha prima battuto la nomenklatura repubblicana, poi Hillary Clinton e il Partito democratico; in quelle olandesi il successo (relativo) dei populisti ha comunque ridotto al lumicino i socialisti olandesi. Lo stesso schema si è ripetuto alle presidenziali francesi, con qualche variazione.
Infatti, i partiti “egemoni” (socialisti e post-gaullisti) sono stati eliminati dal ballottaggio e il candidato socialista anche con una percentuale di suffragi trascurabile (il 6 per cento); assieme hanno totalizzato il 26 per cento dei votanti.
Il leader emergente (e probabile futuro presidente), Emmanuel Macron, ha costituito un partito personale, e ha riportato, col suo movimento neonato, quasi la percentuale dei due “vecchi” partiti. I francesi che fino a qualche decennio fa davano a quelli da due terzi a tre quarti dei suffragi, ora solo un quarto. Peraltro Macron, che, dato il suo curriculum vitae da ex dirigente della Banca Rothschild non può nascondere di avere qualche rapporto con la finanza, offre un paio di spunti interessanti. Il primo: la rapidissima ascesa dello stesso e del suo movimento (che richiede notevoli mezzi e appoggi) e le evidenti dimestichezze di cui sopra, fa pensare che la tattica “globalizzatrice” di contrasto all’avanzata dei populisti sia: a) cambiata; b) che sia “in linea” con la nuova scriminante identità/globalizzazione. Quanto al cambiamento è semplice: si è preso atto che i vecchi partiti poco o punto possono fare, e se ne crea all’uopo uno nuovo di zecca. A quelli superati è assicurato un ruolo al massimo di comprimari, se non di comparse; le primedonne sono i nuovi.
Inoltre al movimento “En marche!” e al suo candidato il programma e la stessa collocazione sono in sintonia con la nuova scriminante; non sono riconducibili ai “classici” punti di conflitto di destra/sinistra, ma prevalentemente ad altri. Né Macron né Marine Le Pen hanno infatti come oggetti principali di contrasto la condizione operaia, la lotta di classe, il profitto, il piano o la libertà d’impresa e così via, mentre lo sono i rapporti con l’Europa e l’Euro, l’immigrazione, le relazioni con le comunità islamiche, eventuali misure protezionistiche. Temi tutti in sintonia con la nuova discriminante identità/globalizzazione. In questo senso, Macron è l’immagine speculare della Le Pen, e tutt’e due lo sono del nuovo “contenuto” del criterio del politico. Con il quale, a quanto sembra, si dovranno fare i conti nei prossimi decenni.
Aggiornato il 23 giugno 2017 alle ore 12:47