
Siamo ad oltre settant’anni dalla fine della Seconda guerra mondiale e, puntuale come una colica renale, arriva il solito pistolotto dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia (Anpi) sull’attualità dell’antifascismo, sulle ragioni della libertà guadagnata eroicamente contro la tirannia nera, sulla purezza dei sentimenti che ardevano nel petto delle anime belle partigiane con prosaico sventolio finale di finti pericoli autoritari e xenofobi che, come di consuetudine, ogni anno sono sempre dietro l’angolo e non vanno sottovalutati. È una liturgia stanca che ipocritamente viene perpetuata di anno in anno e che ormai contiene molteplici elementi che svariano tra il grottesco e l’antistorico.
Sarebbe troppo facile ripercorrere le vicende patrie toccando argomenti sottaciuti fino all’altro ieri perché stridenti con la narrazione delle gesta eroiche dei Partigiani (ci riferiamo al dramma delle foibe o ai molteplici casi di sterminio e violenza ben descritti da Giampaolo Pansa), ma non lo faremo per non alimentare qualcosa che somiglia più a una zuffa da piazza del Sessantotto che a un dibattito storico. Quello che appare assurdo è che a distanza di settantadue anni dalla fine della guerra ci sia ancora qualcuno pronto a farci credere che le ragioni della resistenza siano da celebrare perché attuali e che l’Anpi sia un’associazione viva e attiva nella società.
A dire il vero di Partigiani ancora in vita ce ne sono pochini e sono degli attempati vecchietti alla soglia dei cento anni impegnati a combattere la loro personale guerra col tempo che passa. Ragion per cui non si capisce proprio chi pretenda di rappresentare una associazione composta in maggioranza da gente che per fortuna la guerra non l’ha vista ma fa solo reducismo antifascista di professione.
Invece, con la solita disinvoltura, costoro continuano a menarla con roba successa nella prima metà del Novecento riesumandola per convenienza con il solo fine di guadagnarsi visibilità e consenso il 25 aprile per poi amministrarlo tutto l’anno ponendo veti, dando patenti di presentabilità o dando e togliendo agibilità politica. Peccato che, da quando abbiamo memoria, delle loro fantomatiche festanti celebrazioni non si ha ricordo perché le loro manifestazioni sono sempre state un tripudio di odio verso i vinti misto a campanilismo da derby di calcio senza un barlume di spirito di pacificazione nazionale o di rievocazione composta di una tragedia.
Il livore e il disprezzo verso chi legittimamente combatté per ciò che reputava giusto non riesce a essere tenuto a freno e nemmeno la insaziabile voglia di mettere la mordacchia a chi viene reputato un nemico politico e quindi etichettato genericamente come fascista in una confusione puramente voluta tra passato e presente. Ieri Silvio Berlusconi era un pericoloso fascista, oggi lo sarà Marine Le Pen, domani lo sarà Matteo Salvini perché contro l’immigrazione selvaggia e magari lo sarà anche Giorgia Meloni che è nata nel 1977 e il fascismo forse lo avrà visto in cartolina.
Si tratta di pura retorica dell’antifascismo, un frullato di storia e di attualità montato con il solo intento di rivendicare con arroganza il merito (in gran parte degli Alleati) di aver fatto l’Italia e per questo di poter decidere oggi chi può parlare e chi invece è fascista. Giocano a fare i democratici ma sono naturalmente dotati di un indomabile spirito divisivo che per sopravvivere si ostina a non consegnare alla storia una vicenda dolorosa, impedendo che avvenga l’agognata pacificazione indipendentemente da chi avesse torto o ragione. E lo spirito divisivo emerge prepotentemente anche nei confronti delle altre componenti partigiane come a voler riaffermare con forza il sospetto che i combattenti comunisti nel 1945 non avessero a cuore la libertà ma volessero solo abbattere una dittatura per imporne una nuova di segno opposto.
Adesso i signori dell’Anpi, non potendo prendersela con le destre al governo, hanno deciso di buttare giù dalla torre la Brigata Ebraica pensando bene di far loro l’affronto di invitare al corteo del 25 aprile una delegazione filo palestinese per evidenti questioni di carattere ideologico. Pronta la reazione delle comunità ebraiche che proprio non ci stanno a sfilare con gli eredi del Gran Mufti di Gerusalemme che si alleò con Hitler e che si sono resi responsabili di ripetute aggressioni, avvenute negli anni passati, ai danni dei rappresentanti della Brigata Ebraica. Non si è fatta attendere neppure la reazione del Partito Democratico, che si guarda bene dal fare uno sgarbo agli amici ebrei e che quindi diserterà la manifestazione mentre molto più democristianamente la sindaca Virginia Raggi e la sinistra “de lotta” si sciropperanno tutte e due le manifestazioni per non pestare i calli a nessuno.
Il Gran Mufti? I Palestinesi? Il nazifascismo? La Resistenza? Siamo nel 2017 e tutto questo odio basato su vicende accadute quasi cento anni orsono non fa bene a nessuno ed è un fatto tutto italiano. Avete mai visto Danimarca, Norvegia, Olanda, Belgio, Lussemburgo e Francia manifestare per l’invasione tedesca del 1940? Pensate che i tedeschi dell’ex Germania Est siano in collera con i Russi per l’occupazione di Berlino del 1945 nonostante sia terminata da pochi decenni? O credete che gli Ungheresi manifestino ancora il loro sdegno per l’invasione sovietica del 1956 che tanto piacque a Giorgio Napolitano?
Si tratta di Nazioni proiettate verso il futuro che non hanno bisogno di mezzucci pseudo ideologici o di campare col torcicollo. Hanno altro da fare e si vede. Purtroppo anche quest’anno la Corazzata Potëmkin dovremo sorbircela noi. Bella ciao.
Aggiornato il 23 giugno 2017 alle ore 12:57