Non sa più come giustificarsi il ministro Maurizio Martina (Pd, al vertice delle Politiche agricole alimentari e forestali) a cospetto delle associazioni degli agricoltori, ma anche degli allevatori e pescatori. Infatti le sempre più stringenti regole europee stanno vietando coltivazioni e allevamenti, e ben presto la pesca diverrà un antico ricordo. Non dimentichiamo che i controlli Ue obbligatori presto renderanno difficile anche il mantenimento di un orto domestico, come la presenza in giardino di un paio di galline. E già i divieti sul legnatico (la raccolta di legna abbandonata) come per funghi, asparagi selvatici ed insalate varie (la classica cicoria) hanno trasformato in fuorilegge una miriade di pensionati e disoccupati. Vivere è difficile, e darsi ai campi è sempre più complicato.
A conti fatti l’Ue, dopo aver tanto vantato la cucina italiana e la dieta mediterranea, sta provvedendo a legiferare in modo che anche gli italiani inizino a mangiare come tedeschi, danesi e olandesi. Ci vogliono far cambiare ogni abitudine a botta di norme e divieti. Per realizzare questo progetto, comodo alle multinazionali nordeuropee dell’agroindustria, stanno sfornando normative che riducono drasticamente le produzioni italiane come la diffusione di prodotti tricolori con marchio Dop (denominazione d’origine protetta). E anche Martina sa benissimo che obiettivo della finanza agroalimentare nordeuropea è azzoppare entro il prossimo quinquennio la produzione di olio extravergine d’oliva pugliese, di parmigiano reggiano, agrumi siciliani e itticoltura italiana (perché all’Ue non basta bloccarci la pesca).
Nei giorni scorsi Maurizio Martina ha incontrato a Verona il Commissario europeo all’agricoltura Phil Hogan: politico irlandese che deve alla sua fedeltà a Juncker la nomina a Commissario europeo per l’agricoltura e lo sviluppo rurale. Juncker ha premiato Hogan in funzione anti-Brexit, e Martina lo ha incontrato in occasione dell’apertura del “51esimo Vinitaly”.
“Al centro del confronto - riferisce il Martina - le sfide più importanti dell’agricoltura in vista della riforma della Pac post 2020”. Il guaio che a trattare oggi la Pac oggi non c’è più Amintore Fanfani (lo storico democristiano che varava ben due piani verdi non comodi a francesi e tedeschi) ma il giovane e poco nerboruto Martina. Infatti Martina, in onore dei poteri forti Ue, ha ricordato come priorità per l’Italia “il rafforzamento ed estensione del modello delle organizzazioni comuni di mercato ad altri settori...”.
E siccome necessita dare anche una carota agli agricoltori italiani, Martina ha chiesto al Commissario di considerare anche “un’azione a sostegno della filiera risicola, troppo penalizzata dall’ingresso a dazio zero delle produzioni dei Paesi Eba”. Infatti c’è il rischio che l’Ue s’impunti sull’obbligo di consumo di risi cinesi, cambogiani e vietnamiti.
A confermarcelo anche il parere dell’organizzazione cattolica “Focsiv-Volontari nel mondo”, che s’è schierata con i risicoltori italiani che hanno protestato contro l’ingresso in Europa del riso del sud-est asiatico, soprattutto quello della Cambogia (privo di dazi sull’importazione al pari degli altri risi asiatici).
“Una direttiva dell’Unione europea pensata per incentivare lo sviluppo agricolo di Paesi con gravi difficoltà economiche, ma che mette in crisi molti dei nostri risicoltori costringendoli a vendere sotto costo i propri prodotti - sottolinea Gianfranco Cattai (presidente Focsiv) - Un sistema che non crea gli effetti sperati: questa normativa non agevola i contadini locali, bensì ne beneficiano le aziende agricole dei Paesi limitrofi alla Cambogia. Queste, di fatto, si accaparrano tutte le terre messe a riso, in modo tale da ottenere consistenti profitti a scapito dei piccoli coltivatori locali, i quali non riescono a vendere il proprio riso e ad avere prezzi concorrenziali e sono costretti a cedere i loro pochi ettari ai compratori stranieri. Non è questo il modo in cui noi intendiamo lo sviluppo umano e dei Paesi”.
Focsiv, Coldiretti e Campagna Amica dal 14 aprile promuovono la XV campagna nazionale “Abbiamo riso per una cosa seria” a favore dell’agricoltura familiare in Italia e nel mondo, l’unica in grado di garantire una distribuzione più equa delle risorse, salvaguardare i territori e migliorare la vita delle comunità. “Bisogna difendere chi lavora la terra - precisa Cattai - solo in questo modo si può rispondere alla crisi globale, ai cambiamenti climatici, alle migrazioni”.
Ma il ministro Martina non sa che pesci prendere. Infatti ha evitato anche di rispondere ai pescatori dell’associazione Marinerie d’Italia, che hanno manifestato a Montecitorio contro l’attuale sistema di sanzioni sulla pesca, che prevede delle multe smisurate rispetto alle infrazioni commesse.
“Lavoro da mesi per portare i pescatori di tutta Italia a Roma”, ripeteva Francesco Caldaroni (presidente nazionale dei pescatori), stanco delle penalizzazioni imposte all’Italia dalle regole Ue. E non dimentichiamo che la Questura di Roma (su preciso ordine del Viminale) ha usato il pugno di ferro contro pescatori e agricoltori in protesta, e perché sarebbero categorie da portare all’estinzione, almeno secondo certi soloni dell’Ue.
Martina non sa proprio come poter accontentare parte del suo elettorato, fatto di allevatori e agricoltori, così cerca di prendere tempo, in attesa che le normative Ue si dissolvano per mano spagnola, portoghese e greca. Un modo per dire ai signori dell’Ue che “il vostro programma agricolo è andato a male... ma non per colpa dell’Italia”.
Aggiornato il 02 maggio 2017 alle ore 22:19