
Viene rabbia a vedere tanti politici tuonare contro lo sfascio “dell’impiego pubblico”, come se non lo avessero sempre saputo. Furbetti, nullafacenti, falsi invalidi, oppure più semplicemente inutili. Sono figli della politica dei “finti tonti”, di chi cioè ha riempito lo Stato di gente ed enti che non servivano e non servono. Da decenni, da quando negli anni Sessanta/Settanta il mito del posto fisso ha devastato il Paese, si sa e si conosce il problema.
Voto di scambio, raccomandazioni, acquisizione del consenso viziata, oggi lo chiamano traffico di influenze, ma è vecchia come il cucco. Per anni e anni democristiani da una parte e comunisti dall’altra pur di distribuire posti fissi hanno generato un apparato pubblico mostruoso, burocratico, immobile e dannoso. Solo da noi si sono creati enti, organismi, istituti a doppioni e triploni; solo da noi i contratti pubblici godono di particolarità rispetto a quelli privati. Del resto basta vedere i confronti, certe vergogne sono possibili solo nell’impiego statale e sono difficili da replicare nel privato. Difficile che nel privato si timbri per andare a spasso, difficile che ci si “gratti la pancia”, difficile ammalarsi di venerdì o lunedì. Difficile che nel privato si creino uffici passacarte e si tenga il giornale sulla scrivania, come è difficile che ci siano più persone di quante ne servono. Solo nell’apparato pubblico è stato possibile, perché per anni e anni la politica ha fatto la finta tonta, ha chiuso gli occhi, ha continuato a viziare il consenso con assunzioni inutili ed elettorali. Del resto ci sarà un motivo se lo Stato in larga parte non funziona, se la burocrazia è un’ossessione, se le file di attesa sono interminabili, se i servizi sono da Medioevo. Non si contano gli enti senza senso, gli organismi sovrapposti, gli uffici stravaganti, per non parlare degli enti locali, delle Regioni a Statuto speciale o delle municipalizzate.
Ecco perché sempre di più escono fuori quelle vergogne del tipo “Ospedale Loreto Mare”, che esistono da anni e per anni sono state sottaciute. Il mito del “paga Pantalone” lo ha creato la politica. A partire dalla Prima Repubblica i cattocomunisti hanno generato una cultura dell’assistenza devastante e inaccettabile. Anche per questo il debito e la spesa pubblica sono degenerati, l’efficienza è andata a farsi friggere, la burocrazia è diventata un demone.
Serve la cultura dello sviluppo, della legalità, del rispetto della cosa pubblica, dell’efficienza e soprattutto serve lo Stato minimo. Quello Stato minimo utile, efficace, rapido e concreto, in grado di aiutare e sostenere chi ha bisogno, chi ha diritto, chi sta peggio, chi si rivolge ai pubblici uffici per risolvere e non per impazzire.
Serve un’altra politica, liberale, democratica, laica, repubblicana, in grado di far rispettare diritti e doveri, necessità e bisogno, obblighi e incombenze. Solo così ne usciremo fuori e le vergogne dei furbetti, dei finti malati o invalidi, dei nullafacenti, o peggio ancora degli eterni mangiapane a tradimento, potranno cessare. Serve insomma la buona politica e non la politica dei finti tonti, che a forza di far finta ci ha ridotti così.
Aggiornato il 07 aprile 2017 alle ore 18:07