
Sono pochi venticinque anni per offrire un’analisi e un giudizio su Tangentopoli, anche perché molti protagonisti, da una parte e dall’altra, sono ancora in scena. Noi siamo sempre stati convinti che la vera storia di quegli anni sia quella “non scritta”, quella coperta da tonnellate di dubbi su troppe cose, quella fatta di indizi, guarda caso mai trasformati in prove. Sia chiaro, qui non si tratta di negare l’anomalia di una politica nostrana vastamente permeata di malaffare, disonestà e malcostume, si tratta di rispondere ai troppi perché rimasti orfani.
Insomma, che piaccia o no, la sensazione che in quegli anni il diritto sia stato in parte una linea verticale piuttosto che orizzontale, è grande e costante. Oltretutto il concetto che allora si cercò di far passare di una magistratura deputata a moralizzare, purificare, redimere il Paese, è quanto di più sbagliato e pericoloso nella logica democratica. Ripensare, infatti, a quegli anni novanta, al clima di allora, agli show televisivi, alle reazioni di alcune piazze, non inorgoglisce e non esalta il diritto e il ricordo. Né può bastare la scontatezza con la quale molti liquidarono quel passaggio, rilevando che la magistratura facesse solamente il suo dovere, ci mancherebbe. Ci mancherebbe che non lo facesse, ma il problema di allora ovviamente non fu questo.
Qui nessuno si sogna di opacizzare il ruolo di “tutta la magistratura”, anzi, storicamente in Italia la gran parte dei magistrati si è distinta per una capacità e un coraggio eroico e da leoni. Ma negli anni novanta, con Tangentopoli troppe cose a Milano uscirono dal seminato, scivolando nel limbo di quel dubbio che proprio la magistratura avrebbe dovuto superare a vantaggio della verità. Bene, anzi male, con Tangentopoli tante verità rimasero appese, sospese, inchiodate a mezz’aria senza conclusione, soprattutto per alcuni. Chissà forse per questo, oppure no, a distanza di venticinque anni ci ritroviamo a dire che poco è cambiato e l’Italia va a remengo.
Certo è che stranamente solo alcuni partiti, o segmenti di essi, riuscirono a passare indenni dalle indagini e alcuni personaggi a sfuggire misteriosamente dalle maglie della giustizia. Sia come sia una cosa è certa, se per volontà, per fortuna, oppure semplicemente per caso, un pezzo del male viene salvato e la fa franca, la recidiva è sicura e lo vediamo. Insomma, non c’è molto da festeggiare nel ricordo di quel periodo, non solo per quello che è apparso, ma per i tanti, troppi drammi che lo hanno accompagnato. Suicidi, drammi umani, fallimenti, vite devastate in processi finiti in troppi casi con assoluzioni, proscioglimenti e conferme d’innocenza.
L’uso costante delle manette, della gogna mediatica, del cappio in piazza, della vergogna delle monetine, ha poco da spartire con la nobiltà del diritto e del rispetto umano. Alla Camera dei deputati quando “ un parlamentare” con un grande discorso invitò chiunque si sentisse puro ad alzarsi in piedi per affermarlo, restarono tutti, proprio tutti, inchiodati alla poltrona, questa è la politica, questa è la verità. Non abbiamo fatto nomi, nessun nome, né da una parte né dall’altra, lo abbiamo fatto volutamente, perché per chi ha memoria non serve. La storia ha tempi di analisi lunghi, talvolta molto lunghi, ma alla fine arriva e disvela dubbi e mezze verità, basta aspettare e su Tangentopoli e di Tangentopoli si capiranno e conosceranno tante verità.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:45