
Piccoli e cuccioli. Di loro è il futuro. Inevitabilmente. Inesorabilmente. In montagna, più che altrove, si sente possente la voce di Dio: parla con opere che non saranno mai umane e separa destini in modo irreversibile, decidendo chi sarà orfano per sempre o chi risorgerà a nuova vita, per restituzione del suo essere vivente dall’ampolla di ghiaccio, neve e detriti in cui si è trovato a dover vivere, per lunghi, interminabili momenti. Bisognerebbe trovare il coraggio di tacere, anziché di esternare ovunque e in ogni dove una voglia malata di protagonismo, facendo piovere dall’alto milioni di indici puntati, in una clamorosa quanto disgustosa farneticazione accusatoria. Invece, occorre sapere che la Penisola è un’immensa distesa di fiori avvelenati, coltivati dalla mano dell’uomo e invisi al Signore. Un elenco interminabile di pagelle e di voti pessimi, dati a chi amministra, a chi stabilisce responsabilità inaccertabili per il consueto gioco dell’oca; bocciature da attribuire a tutti i cittadini che, per i loro interessi, corrompono tramano, sposano qualsiasi compromesso per farsi, essenzialmente, gli affari propri. Un Paese, il nostro, drammaticamente terreno di cultura di illegalità diffusa assolutamente legale, dai commerci non autorizzati, alle costruzioni abusive che nessuno demolisce o sanziona, per innata mafiosità dei poteri costituiti e del loro elettorato attivo.
Quindi: ben venga dare una sonora lezione all’arroganza di chi dice “la madre di cretini è sempre incinta!”, ignorando colpevolmente la tragedia di Rigopiano. Ben venga la lamentatio sulla corruzione e la spregiudicatezza delle concessioni edilizie. A un patto, però: che si dica veramente tutto ciò che c’è da dire! Ovvero: che l’unico, se non esclusivo motore economico in tantissime, quasi tutte le parti d’Italia è l’assalto, la rapina e la distruzione sistematica del territorio. Si deve dire che la colpa è del progressivo abbandono, soprattutto, dei minuti borghi di montagna con la loro gioventù risucchiata nel gorgo dei mostri urbani territoriali, o costretta alla via dell’esodo da qualche parte nel mondo. Con il fornitore di energia elettrica che non fa le manutenzioni essenziali in quei luoghi perché fortemente anti economiche, aspettando che i vecchi si estinguano per consunzione naturale. Certo, altri Paesi europei sono rurali ma, per la maggior parte, contadini e coltivatori sono in zone pianeggianti, facilmente raggiungibili. Qui da noi sono l’incuria dell’uomo e le regole ferree della globalizzazione a distruggere lavoro e speranze di rinascita dei territori svantaggiati. Grazie, anche e soprattutto, a un’organizzazione folle dei poteri dello Stato sul territorio.
Che ci fanno una miriade di minuscoli enti comunali con innumerevoli frazioni ancora più minuscole? Dove sono le autorità amministrative di bacino che raccolgano le ricchezze sparse come semi al vento, in un unico telaio compatto e omogeneo di interventi pubblici, ben coordinati da poteri univocamente responsabili, in modo da dare certezze a tutti coloro che là ci sono nati e desiderino rimanere, magari portando linfa nuova, attraverso la valorizzazione agricolo-turistica di paesaggi e borghi e produzioni unici al mondo? Ancora: è mai possibile che di Protezione civile si parli quando le catastrofi sono già avvenute? Si fa formazione amministrativa nelle grandi scuole pubbliche sulla inutile e perniciosa miriade di norme che siamo costretti a subire, ma non ce n’è una, dico una sola che centralizzi tutta la formazione necessaria alla prevenzione e alla conoscenza approfondita dei fenomeni critici, creando un corpo nazionale specializzato di tecnici di amministrazione, da dispiegare poi in tutte le sale permanenti o straordinarie della Protezione civile. Equipaggiandoli con gli strumenti più evoluti di comunicazione d’emergenza, per guidare da terra i voli ciechi, per guardare nella nebbia con occhi elettronici e, soprattutto, per organizzare task-force che sostituiscano quei poteri pubblici inadempienti, rei di non aver predisposto i piani vitali per fronteggiare frane, alluvioni, tempeste d’acqua o di neve e terremoti.
Vi prego: che nessuno rivendichi ancora competenze sempre più frammentate, litigiose e inutili. Vi pare difficile dotare ogni struttura alberghiera di un “crash beacon” (come quello in dotazione all’elicottero caduto) che avvisi le centrali operative di una catastrofe appena avvenuta, con i relativi codici per ogni tipo di emergenza, al fine dell’immediata attivazione della rete di soccorsi? Forza bimbi e cuccioli: noi speriamo ardentemente in voi!
Aggiornato il 07 aprile 2017 alle ore 18:12