L’Europa e Trump

Forse ancora non ce ne rendiamo conto, ma Donald Trump, 45esimo Presidente degli Stati Uniti d’America, potrebbe rendere un grande servizio più agli europei che ai nordamericani.

Dall’intervento statunitense nella Prima guerra mondiale, che dette un grande contributo alla vittoria dell’Intesa tra gli Stati liberi contro gli Imperi centrali, a quello determinante nella Seconda guerra mondiale, alla tutela dell’Europa occidentale contro l’espansionismo sovietico nella Guerra fredda, gli europei hanno potuto dedicarsi al consolidamento dello Stato libero, alla lotta contro i governi totalitari ed autoritari in Germania, Italia, Spagna e Portogallo (per breve tempo in Grecia), all’allargamento della Democrazia, alla costruzione del sistema di protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali del Consiglio d’Europa, all’integrazione socioeconomica nella Comunità e nell’Unione europea, senza porsi la scabrosa questione militare dopo il fallimento della Comunità europea di difesa, perché protetti dall’ombrello militare (e non solo nucleare) degli Stati Uniti.

Nell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord ogni Stato alleato avrebbe dovuto compartecipare alle spese della difesa comune, ma in pratica tutti, più o meno, scansarono e scansano gli impegni scaricandone quasi tutto il peso sulle robuste spalle dello Zio Sam. Se in tutto questo periodo potesse essere stata cancellata questa spesa dal bilancio federale nordamericano, quel bilancio sarebbe finito in attivo e l’onere tributario a carico dei cittadini di quella federazione sarebbe stato molto più leggero.

Donald Trump, adesso, ha messo subito le cose in chiaro. Dal momento che c’è la Federazione Russa al posto della bolscevica Unione Sovietica, ispirata dal Patriarcato di Mosca e non dal Partito Comunista, Trump preferisce accordarsi col presidente Vladimir Putin invece che spendere ancora soldi per la Nato, per gli europei che fanno i pacifisti scaricando l’onere della propria difesa sugli Usa. Gli europei, se vogliono difendere la loro libertà od il loro benessere, debbono pensare da sé alla loro difesa; che non può essere che collettiva, dato che gli Stati nazionali, in Europa, hanno l’estensione territoriale e la portata demografica di uno qualunque degli Stati federati negli Stati Uniti, e la Federazione Russa ha una superficie più estesa ed una portata demografica maggiore di quelle dell’Unione europea. In campagna elettorale, Donald Trump si spinse ad affermare che avrebbe fatto uscire gli Stati Uniti dalla Nato; forse non lo farà, ma il tempo d’appaltare agli alleati nordamericani la politica di difesa e, per stretta conseguenza, la politica estera, senza pagare l’appaltatore ma con la bella pretesa che sia questi a pagare gli appaltanti, per gli europei, è finito. Oggi si debbono unire nella difesa, se non vogliono perdere la loro indipendenza e le loro libertà. Ciò è duro per le sinistre europee, che debbono porsi la questione della politica militare ed estera comune, cosa più scomoda delle marce per la pace; ma anche le destre non possono cavarsela col rivendicare il ritorno alle sovranità nazionali senza pensare ad una difesa collettiva comune.

Non mi scandalizzo se a qualcuno non và più bene la prospettiva degli Stati Uniti d’Europa, che io continuo testardamente ad avere davanti agli occhi; ma coloro ai quali questa visuale non va proprio a genio dovrebbero almeno porsi il problema di forze armate integrate per gli Stati confederati d’Europa. In fondo, anche Donald Trump, per molti versi, più che l’aria di un Presidente degli Stati Uniti d’America ha quella di un secondo Presidente degli Stati confederati d’America dopo Jefferson Davis; salvo il fatto che Jefferson Davis fu democratico ed il repubblicano, allora, fu Abraham Lincoln.

Aggiornato il 07 aprile 2017 alle ore 18:07