L’armata invisibile

Chi arma l’armata invisibile? Intendo i terroristi di quell’Islam sunnita radicale che hanno fatto più di 700 vittime con i loro attentati in Europa, Turchia compresa.

Tutti gli osservatori convergono sul fatto assai poco discutibile che la caduta delle roccaforti dell’Isis, o come diavolo si chiama nelle sue molteplici mutazioni, comporterà altri attentati devastanti, sul modello Istanbul della notte di Capodanno. Allora, si tratta di “post-verità” (false notizie diffuse ad arte sul web) o di una realtà oggettiva e concreta? Dipende. In particolare occorre interrogarsi sulla denominazione, oggi come oggi, di che cosa s’ha da intendere come “Stato islamico”: sta ancora in piedi, o la sua demolizione è irreversibile? Quel cattivo soggetto politico internazionale esiste o è il frutto soltanto della nostra fantasia paranoica, per individuare un nuovo nemico planetario, come avvenne a seguito dell’11 di settembre del 2001? Quante altre libertà di un Occidente non più libero dovremmo ancora sacrificare a questa perfida dea Kali? Da quale braccio vogliamo farci stritolare? Quello della paura paranoica ossessiva, fingendo di ignorare che la statistica delle morti sul lavoro e degli incidenti automobilistici mortali è enormemente superiore a quelle povere 700 vittime del terrorismo fondamentalista?

Fummo pronti ad accettare i costi umani devastanti della prima industrializzazione, come delle guerre da noi scatenate dopo la scomparsa delle colonie e l’insorgenza di nuove entità nazionali particolarmente aggressive, che però non utilizzarono mai l’arma estrema del terrorismo e dei bersagli indiscriminati per vendicarsi delle sconfitte in battaglia. Anche perché, e questo è il punto, non avevano nessuna appendice comunitaria e identitaria saldamente radicata nelle maggiori città europee. Quindi, per rispondere all’interrogativo con cui si apre questo articolo dobbiamo prendere atto di una cosa semplicissima: guardiamo alle armi e non a chi le impugna per uccidere gente innocente. Quando e dove spuntano i kalashnikov e similaria? Quelli che hanno operato negli aeroporti turchi e belgi, al Bataclan e appena qualche giorno fa alla discoteca Reina di Istanbul? Come hanno passato le frontiere, o dove sono state nascoste a lungo prima dell’uso? È sconsiderato pensare che a Parigi e Bruxelles esistono interi quartieri dove la radicalizzazione islamica nutre, protegge e alimenta le azioni di commandos? E chi, come e quanto rischierà dal ritorno dei cosiddetti “foreign fighters”? Banale: chi ha interi quartieri musulmani e un elevato numero di cittadini di fede islamica di seconda/terza generazione. Quindi Parigi, Londra, Bruxelles e Ankara.

Erdogan, in particolare, suo malgrado, potrebbe essere la causa diretta della diffusione della peste islamica, a causa dei confini porosi della Turchia con la Siria e l’Iraq e la presenza di un’entità curda sempre in rivolta contro i regimi che si sono succeduti ad Ankara. Lì le armi passano con estrema facilità, anche in considerazione dello stato di guerra permanente, oggi fortemente attenuato dai successi sul campo di russi e turchi. Ma più la farsa dello Stato islamico troverà la sua completa dissoluzione, maggiore sarà il rischio che le armi (comprese quelle chimiche artigianali o sofisticate) arrivino qui da noi a chi intende usarle per annientare l’Occidente. Ho già analizzato i motivi che, malgrado tutto, ci rendono sostanzialmente immuni dai rischi di Bataclan e Reina, ma non certo da strumenti impropri di distruzione di massa come veicoli pesanti lanciati sulla folla. Questo perché esplosivi e armi da guerra debbono passare il robusto filtro di una nostra intelligence estremamente navigata ed esperta e per l’impenetrabile (anche se non citabile!) cordone sanitario opposto a traffici di armi e di esplosivi destinati a terroristi stranieri da parte delle mafie meridionali. In Sicilia sono sbarcate parecchie centinaia di migliaia di persone, ma Amri ha dovuto compiere la sua strage a Berlino. Sarà molto interessante capire chi gli abbia procurato la pistola.

In grande sintesi: la luna da guardare è rappresentata innanzitutto dai canali clandestini attraverso i quali potrebbero transitare armi ed esplosivi. Per i lupi solitari, meglio registrare e monitorare con grande attenzione le teste calde che importiamo con i barconi e, soprattutto, prestare grandissima attenzione alle carceri dove queste ultime trovano la spinta dell’elastico per lanciarsi contro bersagli indifferenziati. Certo, in Italia passano legalmente i confini anche altre genti di religione musulmana, nomadi soprattutto. Ma, tranquilli: nessun capo della loro comunità potrebbe mai accettare di introdurre armi letali negli Stati ospiti. Questo grazie alla loro storica immunizzazione dai rischi di contaminazione del radicalismo islamico e, dal punto di vista pratico, una criminalizzazione collettiva e indiscriminata delle loro comunità sarebbe un prezzo troppo alto per rischiare di fare favori agli assassini del Califfo.

Allora, “state sereni”? No. Ma nemmeno paranoici. Nel mondo ci sono più di un miliardo di musulmani e solo un pugno di terroristi assassini che uccidono in nome di Allah. Quindi: buon 2017, malgrado tutto.

Aggiornato il 07 aprile 2017 alle ore 18:12