Virginia “Raggirata”

Conoscete il “mood” di Virginia Raggi? E sapreste descrivermi l’umore di Beppe Grillo, il suo Victor (Frankenstein) che ne ha messo assieme i pezzi? Raggi, la sindaca di Roma - “a sua insaputa”, evidentemente - si sente più... irata o raggirata? E i fantasmi M5S del Mattarellum, quelli del prima “Sì”, poi “No, meglio il Consultellum”, sanno di che cosa si tratta? Temo di no. Forse lo confondono o con il noto utensile per stendere la pasta, o con lo strumento più antico del mondo per raffreddare le teste calde.

Passiamo alle cose serie (ma in Italia è davvero possibile?). Non so quante volte mi sia toccato dirlo ma, soprattutto a Roma, a comandare sono gli apparati amministrativi. Inquinati da sempre. Ad ogni livello: dal più basso al più alto. Un’immensa greppia in cui il denaro pubblico brucia come il combustibile da rifiuti negli impianti di riciclaggio (accusati di sviluppare diossine!) a base di materiali derivati dal petrolio. L’oro nero: come gli affari, le collusioni, le compravendite di uffici e di funzionari pubblici. In questa notte della burocrazia e del buongoverno ci si sono infilati come esche per pescecani i Cinque Stelle di Grillo, pensando che bastassero gli slogan a redimere il carattere truffaldino del potere e di chi ce l’ha.

Per Roma non basterebbe né il “napalm”, invocato da “Il Fatto” travagliesco, e nemmeno cinquant’anni di commissariamento prefettizio, come si augura la stragrande maggioranza dei cittadini, letteralmente asfaltati nelle loro aspettative di rinnovamento dalla pessima prestazione dei pentastellati. Le metastasi diffuse si rimuovono o con operazioni chirurgiche estreme o con la morte. Ma può morire Roma Capitale di due Stati? C’hanno provato in molti, per la verità, a stenderla sul tavolo di marmo dell’obitorio. Quel calderone putrido della sua burocrazia ribolle di ogni tipo di miasmi maleodoranti che, più si rimesta il calderone, maggiore è il senso di soffocamento per l’elevatissimo tasso di veleni emanato. Verrebbe da dire, giustamente: svuotiamolo! Mettiamo, tanto per capirci, in cassa integrazione quei suoi 23mila dipendenti, poi digitalizziamo integralmente i suoi pessimi servizi quotidiani (sul modello dell’internet-banking) e affidiamone l’amministrazione a piccole-medie startup di giovani laureati in gamba, che guadagnano una quota fissa su ogni singolo accesso. Più la richiesta dell’utente è sofisticata, maggiore sarà il loro aggio. Vi assicuro che così facendo avremmo un risparmio stratosferico, tenendo a casa i suddetti impiegati per non fare nulla affinché non facciano ulteriori danni stando negli uffici municipali!

Ora, chiediamoci: chi è Grillo? E cos’è la “Casaleggio associati” che sforna leadership sempre a nostra insaputa, senza che siano pubblici metodi, criteri e fini? Dico a tutti i politici di ogni campo: che fine ha fatto la Costituzione del 1948, difesa oggi da 20 milioni di cittadini, per quanto riguarda le sue parti non ancora attuate e relative, guarda caso, alla regolamentazione di partiti e sindacati? A voi ignari elettori, il “Bullo” ve ne ha mai parlato in due anni di martellante campagna pubblicitaria per il “Sì”? E “Sì” a che cosa poi? Da chi, il suddetto, ha mai ricevuto un mandato così ampio e impegnativo per mettere nero su bianco uno sconvolgimento della Carta fondamentale dei diritti? Vogliamo davvero una “Democrazia 2.0”? Quella diretta, cioè, in cui comanda la Rete per la scelta dal basso delle leadership? Anche a me interesserebbe molto. Ma io la farei così: chiederei ad un’Autorità di garanzia di istituire un’area riservata che, per ciascuna formazione politica rappresentata in Parlamento, assegni a ogni cittadino simpatizzante uno strumento digitale infalsificabile e protetto, affinché operi la sua scelta. Seguendo una procedura in due fasi: la prima per la compilazione della lista dei candidati e, una volta stilata quest’ultima in base alla graduatoria delle preferenze, il voto finale, eventualmente con ballottaggio, qualora si tratti di scegliere il candidato-premier.

E, dulcis in fundo, perché il non-eletto Grillo costringe “privatamente” i suoi all’ennesima piroetta, rifiutando seccamente la proposta renziana - di per sé sospetta, questo è vero - del ritorno al Mattarellum, seppur modificato rispetto a quello del 1993? La ragione è presto detta: il vero spauracchio del Movimento 5 Stelle sono i collegi uninominali, perché continuano a mancare loro gli uomini e le donne giuste, con una decente esperienza di governo e con curricula robusti per quanto riguarda la capacità di amministrazione della cosa pubblica. Il risultato drammatico di questa grossolana approssimazione lo stiamo vedendo nel caso delle grandi realtà urbane gestite da sindaci grillini. Anche Torino, intendo, dove l’immobilismo regna sovrano. Credetemi: l’antipolitica la si abbatte in un solo modo, dimostrandone l’incompetenza!

Aggiornato il 06 aprile 2017 alle ore 17:21