
Il “Financial Times” con la penna di Wolfgang Münchau afferma che la vittoria del “No” al referendum del 4 dicembre sulla riforma costituzionale aprirebbe le porte all’uscita dell’Italia dalla zona euro. Una affermazione certamente curiosa ma palesemente irrazionale visto il chiaro obiettivo da parte dell’autore di innescare una spirale di paura, confusione, shock, sia nei lettori del quotidiano economico che nel popolo italiano. Il pezzo, ripreso dai maggiori quotidiani italiani, è la prova della crescente distanza tra i popoli ed i mercati. Giornalisti e giornali evidentemente non riescono ancora a comprendere i radicali processi di cambiamento in atto. Münchau dovrebbe, però, porsi una domanda. A cosa ed a chi serve l’Euro in questa Unione europea? Domanda sicuramente retorica per l’autore, ma non per i lettori dell’articolo.
Lasciamo, comunque, da parte l’Euro e ritorniamo sui temi principali. Il referendum costituzionale e la legge elettorale. Il quotidiano “La Repubblica”, oltre a riprendere l’articolo del Financial Times, ci ricorda dei timori della finanza mondiale, delle preoccupazioni dei “liberal” di clintoniana-obamiana-sorosiana memoria, delle paure di Confindustria. Ma non hanno ancora imparato nulla dalla vittoria di Nigel Farage con la “Brexit” e di Donald Trump? Non hanno ancora compreso le motivazioni dietro l’avversità crescente di milioni di donne e uomini alle politiche neoliberiste e globaliste? Pare di no.
È proprio la campagna per il “Sì” delle grandi multinazionali, dei governi liberal, dei media mainstream, delle grandi banche, dell’establishment e dell’élite a rendere ancora più forte la necessità della vittoria del “No” per il nostro Paese. Il referendum del prossimo 4 dicembre sarà la “Stalingrado” della nostra democrazia ed è fondamentale votare “No”.
La nostra Costituzione, che certamente non è perfetta, ha avuto come padri grandi intellettuali e pregevoli statisti. Modificare una Costituzione imperfetta è sempre possibile, ma sarebbe sicuramente necessario una decisa e certa preparazione politica, una precisa giustezza culturale ed una visione amplia del futuro. Modificare una Costituzione ragionata per il tornaconto politico di alcuni è immorale, scorretto. Così come è del tutto errato ragionare secondo il metro del “meno peggio”. Votare, cioè, qualsiasi riforma purché sia una riforma. Questo approccio è sbagliato in quanto non entra nel merito delle problematiche emerse oggi dalla riforma Renzi-Boschi.
Il Premier afferma che la riforma, approvata dal Parlamento, accorcia l’iter di approvazione delle leggi e permette notevoli risparmi. Ma, in effetti, così come accorcia l’approvazione di buone leggi, l’iter in essere accorcia l’approvazione di cattive leggi. Inoltre, la riforma non elimina il Senato, ma toglie a noi Italiani il diritto di eleggere i senatori. Un Senato, quindi, composto da nominati dai Consigli regionali e dal Presidente della Repubblica. Questo è un passo indietro nella qualità della democrazia di questo Paese.
Non si esclude certamente la possibilità di modifiche alla Costituzione oppure alla legge elettorale. Esse però devono seguire canoni completamente differenti, nel metodo e nel merito. Ogni riforma di tipo costituzionale o modifica della legge elettorale deve perseguire il più ampio coinvolgimento delle forze parlamentari e raggiungere il massimo del consenso. L’Italia, dal “Mattarellum” in poi, è stata svilita da un crescente deficit democratico che ha sottratto rappresentatività ad ampie fasce di cittadini ai quali è stato precluso il coinvolgimento nel processo di effettiva partecipazione alle scelte. È fondamentale, per il bene della nostra democrazia, il ripristino della più ampia rappresentatività dei diversi orientamenti politici all’interno delle assemblee elettive. È fondamentale ritornare al concetto basilare della rappresentatività nelle istituzioni repubblicane. Una legge elettorale proporzionale deve essere varata per consentire a tutto il Paese di partecipare, attraverso il lavoro degli eletti, alla vita democratica. Solo dopo è possibile discutere e convergere su riforme costituzionali che vadano verso forme di maggiore partecipazione e libertà politica, invece di incentivare forti restrizioni democratiche ed alienare milioni di cittadini dalla vita politica del Paese.
Gli italiani per uscire dalla crisi hanno bisogno di più democrazia e non più autoritarismo. La piena rappresentatività sia un obiettivo da perseguire e da raggiungere per allontanarsi una volta per tutte dall’arroganza della vita politica attuale e incamminarci lungo un sentiero che come obiettivo ha il dialogo, la comprensione delle diverse problematiche e opinioni e il raggiungimento di compromessi che tengano conto delle necessità e delle esigenze di ogni cittadino. Perseguiamo riforme costituzionali che amplino il terreno democratico e non lo restringano; più democrazia e meno elitarismo, più dialogo e meno settarismo.
(*) Segretario nazionale di “Convergenza Socialista”
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:50