La riorganizzazione dei moderati

La grande area dei moderati si sta riorganizzando, molte forze hanno ripreso ad agire e, in questa nuova situazione, Stefano Parisi ha preso il volo. Giorno dopo giorno, con slancio, nelle zone più diverse del Paese, incontra tanta gente che vuole impegnarsi in un percorso che possa ridare speranza a un’Italia che da vari anni è entrata in un tunnel che sembra senza fine. E in questo suo intenso lavoro, Parisi sta contribuendo pazientemente a ricostruire una posizione politica per i moderati che attualmente appaiono come un “volgo disperso” in balìa degli estremismi di destra, storditi dai vaneggiamenti grillini o sedotti dalla sfrontata demagogia di Matteo Renzi, che si muove spregiudicatamente come un giocatore di poker.

Se nel 1994 fu possibile sbaragliare la deriva a sinistra, preannunciata dalla “gioiosa macchina da guerra” di Achille Occhetto, fu grazie ad un autentico capolavoro politico concepito e realizzato da Silvio Berlusconi, che seppe, in tempi record, prima ricondurre in Forza Italia l’elettorato moderato, privato, in seguito ad un violento attacco alla democrazia con un’operazione mediatica giudiziaria, dei partiti di riferimento - Democrazia Cristiana, Partito Socialista, Partito Socialdemocratico, Partito Repubblicano e Partito Liberale - e, immediatamente dopo, costruire una coalizione con la Lega Nord e l’ex Movimento Sociale Italiano, divenuto nel frattempo Alleanza nazionale.

È stata una lezione politica che ha segnato profondamente, con fasi alterne, la vita democratica italiana al punto da condizionare anche le diverse fasi del Pds-Ds-Pd, perché metteva in evidenza che la vittoria del 1994 fu possibile in quanto nello schieramento di centrodestra il centro moderato era egemone sugli alleati di destra. Tutti capirono che le sfide elettorali si vincono se si guadagna il consenso dei moderati. Ma oggi i moderati sentono di non avere un partito di riferimento e, smarriti, disertano le urne. Vale la pena ricordare che alle ultime elezioni europee del 2014 il numero totale degli astenuti è stato pari a 21.671.202; ai non votanti vanno aggiunte le schede bianche e nulle degli aventi diritto pari, complessivamente, a 1.542.352 e dunque si arriva a un bacino del “non voto” pari a 23.213.554. Dunque, su 49.399.720 di italiani aventi diritto al voto, i voti validi sono stati, complessivamente, 27.371.747, il che vuol dire -6.634.008 rispetto ai voti validi registrati alle Politiche del 2013. E questa tendenza al “non voto” si è aggravata nelle successive elezioni regionali del 2015.

Questa analisi del voto è sufficiente da un lato per ridimensionare i successi renziani e dall’altro per spiegare l’emergere di un terzo polo costituito dal M5S. Il ritorno massiccio alle urne dei moderati, allora, determinerebbe la marginalizzazione dei “pentastellati” e di ogni forza estremista, sia con la riaffermazione del bipolarismo ed il mantenimento di un sistema elettorale maggioritario, sia, poiché la questione della legge elettorale è ancora apertissima, se si dovesse riproporre un sistema proporzionale con uno sbarramento.

In questo quadro sono molte le forze di area moderata che stanno riprendendo l’iniziativa e l’attuale azione di Stefano Parisi ricalca, seppure in un diverso, ma altrettanto disperato, contesto economico e sociale, la lezione di Silvio Berlusconi. E la destra, nelle sue diverse forme, se non capirà che le sue possibilità di essere forza di governo, non sono nella radicalizzazione delle posizioni, ma nel saper essere destra moderata, come fu Alleanza nazionale e dal 1994 in avanti la Lega Nord di Bossi e Maroni, sarà destinata ad essere marginalizzata appena avverrà il ritorno alle urne degli elettori moderati. E, in questo caso, i moderati non si faranno trascinare a destra su posizioni a loro estranee, ma, come Parisi sempre più chiaramente fa capire, poiché i numeri parlano chiaramente, con forza propria sapranno tornare al Governo. E in questo percorso fa bene Parisi, come ha fatto già Berlusconi, a fare riferimento alle grandi tradizioni politiche del liberalismo, del riformismo cattolico e del riformismo socialista, perché queste realtà politiche, quando hanno operato insieme, hanno segnato i momenti migliori della storia d’Italia.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:52