Riforma dell’editoria:   ora varare i decreti

Un risultato importante per la nuova legge sull’editoria. Ma per la piena attuazione il percorso è ancora lungo. Il Parlamento dopo dieci anni di discussioni e rinvii ha varato un provvedimento a 35 anni dalla legge sull’editoria (n. 416 del 1981) e a 53 anni dalla legge istitutiva dell’Ordine dei giornalisti (n. 69 del 1963). Cosa manca? Sia la Federazione degli editori che quella dei giornalisti sollecitano la soluzione di alcuni punti essenziali.

Per la Fieg occorre passare all’attuazione di misure urgenti con decreti delegati sul credito d’imposta relativo alla pubblicità, una misura necessaria per una ripresa degli investimenti nel settore. In secondo luogo occorre la modernizzazione e la liberalizzazione del sistema distributivo per favorire una maggiore capillarità e presenza dei quotidiani e dei periodici sul territorio. In terzo luogo serve lo sblocco dei prepensionamento e misure necessarie per un effettivo passaggio generazionale nelle imprese editrici. Le altre richieste degli editori riguardano la tutela del diritto d’autore per contrastare i fenomeni di pirateria e lo sfruttamento non autorizzato dei contenuti editoriali. È stata sollecitata inoltre la certificazione dell’audience per la pubblicità digitale, per garantire al mercato, investitori ed editori, una corretta dinamica competitiva. La questione riguarda allora i tempi per i decreti attuativi, che devono essere brevi.

Il quadro di riferimento è quello che emerge dalla pubblicazione dei nuovi dati dell’Ads sulla diffusione della stampa di quotidiani e settimanali di settembre. I dati delle tirature e della diffusione sono stati calcolati senza copie digitali multiple perché manca l’approvazione del nuovo regolamento delle edizioni digitali che è in fase di approfondimento da parte della Commissione lavori della Camera al fine di ottenere una rappresentazione completa ed affidabile del mercato delle copie digitali. I segnali sono negativi. Nei primi 9 mesi dell’anno i ricavi sono in calo del 7 per cento. La pubblicità sulla stampa conosce una diminuzione del 6 per cento per quanto riguarda i quotidiani, del 4,9 per cento per i periodici e una quota stazionaria per i mensili.

Solo l’Avvenire tra i quotidiani e “Tv Sorrisi e canzoni” che scavalca “Di più” registrano un segno positivo. Ecco la classifica dei primi 15 quotidiani: 1) la Repubblica a 340mila copie di diffusione; 2) il Corriere della Sera con 240mila; 3) la Gazzetta dello Sport con 180mila; 4) La Stampa con 155mila; 5) Il Messaggero con 115mila; 6) L’Avvenire con 107mila; 7) Il Sole 24 Ore con 106mila; 8) Il Resto del Carlino con 100mila; 9) Il Corriere dello Sport con 100mila; 10) Qn Nazione con 77mila; 11) Il Giornale con 72mila copie di diffusione; 12) Tuttosport con 61mila; 13) Il Gazzettino con 56mila; 14) Il Secolo XIX con 46mila; 15) Il Tirreno con 43mila.

Una ecatombe con perdite di oltre l’11 per cento per Repubblica, Gazzetta, Stampa e Il Giornale. Crollo del Corriere della Sera del 17 per cento e del quotidiano della Confindustria di circa il 27 per cento. Per i settimanali ben otto sono sopra le 260mila copie con Tv Sorrisi e Canzoni oltre 536mila e Di Più oltre 513mila. L’Espresso poco sopra le 300mila copie, mentre Famiglia cristiana è scesa a 285mila copie.

E sul versante giornalisti? Un primo dato riguarda la violenza contro la categoria. Dal 2006 al 2016 sono stati uccisi nel mondo 800 reporter ma soltanto per nell’8 per cento dei casi si sono trovati i colpevoli. Con la nuova legge sull’editoria si lascia un passo che parlava al mondo delle linotype e al monopolio radiotelevisivo. Oggi è l’epoca dei social network e dei mutamenti intervenuti nel modo di fare e ricevere informazione. C’è necessità di nuove regole antitrust e di tutela dell’autonomia delle redazioni di fronte ai processi di fusione e di cessione delle proprietà delle testate. Altre esigenze sono state esposte da una delegazione della Fnsi guidata dal presidente Beppe Giulietti e dal segretario Raffaele Lorusso al ministro della Giustizia, Andrea Orlando. È stata sollecitata l’approvazione di un provvedimento di legge che recepisca le sollecitazioni arrivate dalle Istituzioni europee in materia di abrogazione del carcere per i giornalisti. I giornalisti chiedono al Governo e al Parlamento la definizione di una norma che scoraggi le querele temerarie, che sono diventate un vero e proprio strumento di minaccia nei confronti dei cronisti che indagano e scrivono di mafie, corruzione e malaffare.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:50