“Sofferendum”

“Lotteria Italia” anticipata al 4 dicembre, anziché alla Befana? Quanto si vince o si perde, in questo caso? L’imbonitore Matteo Renzi esagera o, viceversa, la dice giusta, ripetendo ogni dì: “E accattatevi ‘sta scheda! Questa è un’occasione unica e irripetibile! Prendere o lasciare!”. Tipo: “Après moi le déluge!”, che non portò certo bene alla dinastia di Luigi XV pronipote del Re Sole! Per illustrare in sintesi le ragioni del suo insistente e ossessionante richiamo, faccio uso del vocabolario belliano, così rende meglio: “E so’ trent’anni che ce provamo a fa’ ‘ste riforme. Mo’ che una ce l’avemo, portamosela a casa!”. E allora, smontiamola pezzo per pezzo ‘sta canzoncina. Primo: nel 2001 ne è passata un’altra, assai più clamorosa, di riforma costituzionale (fatta dalla sinistra!) che ha bellamente scassato lo Stato, dando poteri di spesa alle Regioni in materie delicatissime come la sanità, moltiplicando così per un fattore “enne” (a piacere) i relativi centri di spesa, che hanno devastato di corruzione e malaffare l’intera Penisola. Poi ci ha provato a distanza di “soli” quattro anni la maggioranza berlusconiana, con la sua “Devolution”, cassata dal clamoroso “Niet” dell’elettorato.

Ora, tenetevi forte: il Governo emergenziale di Mario Monti fece digerire “alla chetichella”, senza il minimo dibattito nel Paese, la legge costituzionale 1/2012 che ha modificato gli articoli 81, 97, 117 e 119 della Costituzione, e denominata “Introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale”. La riforma, entrata in vigore l’8 maggio del 2012 ma le cui disposizioni hanno avuto effetto a partire dall’anno 2014, venne esaminata e varata con una rapidità mai vista: presentata l’8 settembre - ahimé, quale oscuro presagio! - e firmata da Napolitano il 20 aprile 2012, fu approvata con doppio scrutinio dal Parlamento italiano, con la maggioranza qualificata dei due terzi. A norma, quindi, dell’articolo 138 della Costituzione, quest’ultima circostanza ha fatto sì che non ci fosse bisogno di indire il relativo referendum confermativo.

Il tradimento del popolo italiano, con l’assoluta complicità del “garantista” Pd renziano, fu doppio. Primo: non si fece appello al “Popolo”, costretto a subire con ogni probabilità un intollerabile ricatto da Bruxelles e Francoforte (tipo: “Se non lo fai ti faccio salire lo spread a mille e ti terremoto i bilanci pubblici, facendoti fare default in pochi mesi!”), perché il passo successivo avrebbe comportato l’uscita dall’Euro, che oggi la Lega - complice di allora del misfatto montiano - con il M5S chiedono a gran voce. Invece, all’epoca Bossi e compagnia tacquero su tutta la linea, non avvalendosi della possibilità di acquisire le cinquecentomila firme previste dal 138 per l’indizione del referendum confermativo! Secondo: nel Paese, media, carta stampata, “opinion makers” e politici di tutti i partiti umiliarono con il loro silenzio complice i propri lettori/elettori imbavagliando qualsiasi spazio, anche minimo, di dibattito pubblico. Quindi, presidente Renzi, chi non la conta giusta? I fatti o i suoi infondati proclami? Quanto tempo c’è voluto allora per incatenare per molti decenni gli italiani e Lei stesso, Herr President, visto che oggi, proprio a causa di quella riforma si trova a fare il braccio di ferro con Bruxelles?

Ha fatto bene i conti? Solo 8 (dico “otto”) mesi, e non trent’anni, Herr President! Il suo partito ha fatto mai il mea culpa? Ma figuriamoci: ancora stiamo aspettando quella post 1991, con l’abiura del comunismo! Pur sapendo che Costituzione e legge elettorale sono di tutti, Lei ha messo la fiducia sull’Italicum - perché perfino una parte dei suoi dissentiva da entrambi! - facendo poi approvare e modificare decine di articoli della Costituzione del 1948 da un Parlamento sostanzialmente di nominati e “delegittimati” dalla sentenza n. 1/2014 della Corte costituzionale che dichiarava incostituzionale la parte maggioritaria del “Porcellum”!

Ora, che cosa ci sta dicendo? Che i mercati ci farebbero a pezzi se non passasse la “Sua” riforma? Quindi, nel suo caso, la “Brexit” non le ha insegnato proprio nulla, a quanto pare. Si ricordi: è dal 1992 che non c’è salvezza, se non si indice, a mio avviso, l’elezione di una nuova Assemblea costituente. Non so perché, ma il suo modo di procedere mi sembra degno dell’anatema “tutto chiacchiere e distintivo”, giustificato dai suoi pochi fatti concreti...

Aggiornato il 06 aprile 2017 alle ore 17:03