Rischio guerra civile senza libere elezioni

Il prefetto Michele Tortora non può fungere da capro espiatorio, e nemmeno gli abitanti in protesta possono ritrovarsi etichettati come sediziosi e razzisti. Se l’Italia è sull’orlo di una guerra civile lo si deve agli ultimi tre Governi (Renzi, Letta e Monti), alle scelte capestro dell’Unione europea, ad un fisco usuraio, ad uno Stato imbelle e ladro. Parole pesanti, che è giusto usare quando i giochi sono finiti, certi che la caduta nel baratro sia inesorabile. È tipico dell’Italia riversare su un prefetto e su dei cittadini spaventati le enormi responsabilità di una scriteriata gestione del Viminale: nazione adusa da tempo inveterato al “rimpallo di competenze”, ovvero scaricabarile, irresponsabilità atavica rafforzatasi al crepuscolo della passata Repubblica.

Michele Tortora è un triestino di sessantadue anni, forse figlio d’impiegati dello Stato: si è laureato all’Università di Roma “La Sapienza” nel 1978, dall’aprile 1982 è nei ruoli della carriera prefettizia dell’Interno, dal 30 dicembre 2013 ha assunto l’incarico di prefetto della provincia di Ferrara. Certamente non s’aspettava di dover fronteggiare un confronto di piazza, anche perché aduso a leggere, studiare, scrivere: è l’autore della pubblicazione “L’anagrafe e le leggi Bassanini” in “Riforme e regolamenti degli enti locali - Lezioni”, edito da Giuffrè. Ora emerge che la gestione della vicenda di Gorino, con la requisizione dell’ostello e la successiva marcia indietro dopo la reazione del Paese, potrebbe costare il posto al prefetto Tortora: la notizia ha già fatto capolino sul quotidiano “La Nuova Ferrara”. Intanto si susseguono le indiscrezioni sull’eventuale sostituzione del funzionario: “non una rimozione in tronco ma un trasferimento da ufficializzare in uno dei prossimi Consigli dei ministri”, dicono i beninformati. È evidente la responsabilità politica di chi governa l’Italia, perché dopo un simile incidente nessuno doveva permettersi di parlare a vanvera, di dire in televisione che “al prossimo incidente potrebbe intervenire l’esercito da contrapporre alla popolazione” e nemmeno dichiarare a più voci che “gli italiani contrari potrebbero migrare in Ungheria”. Simili parole annunciano un chiaro rompete le righe alle istituzioni, ammettendo che l’ora della guerra civile è prossima.

Il prefetto Tortora aveva requisito la struttura “Amore-Natura”, e i cittadini avevano deciso di scendere in piazza. C’è stata una lunga mediazione tra la gente in protesta e le forze dell’ordine. A seguito dei blocchi stradali operati dai residenti, giungeva la decisione di dirottare altrove la corriera con a bordo i migranti. “Trasferimento? Non ho segnali in questo senso, del resto quando sono stato trasferito da Como a Ferrara l’ho saputo il giorno stesso, dalla nota ufficiale - ha commentato il prefetto Michele Tortora - Sono qui da tre anni, ci può stare tutto e non ho commenti da fare su eventuali relazioni con le vicende di Gorino: resto sereno”.

“Il trasferimento di Tortora sarebbe un delusione, un disconoscimento delle qualità e capacità di un prefetto dal significativo curriculum - ha detto Antonio Corona (presidente dell’Associazione prefettizi) - È improprio valutare quanto accaduto a Gorino come un arretramento dello Stato”.

Il prefetto di Ferrara ha evidentemente valutato controproducente mostrare i muscoli, andare allo scontro. Del resto è chiaro lo scollamento tra la classe dirigente del Paese e la popolazione. Qualcuno da Roma ha creduto utile dire che “la prossima volta interverrà l’esercito”.

Parole davvero in libertà. E qualora vi fosse una contrapposizione tra forze armate e società civile risulterebbe assai difficile scongiurare ulteriori confronti tra popolazione e uomini dello Stato: dai migranti il confronto da guerriglia si sposterebbe dinnanzi alle sedi di Equitalia, dell’Agenzia delle entrate, degli uffici territoriali competenti per edilizia e licenze commerciali, a ruota gli agricoltori assalirebbero forconi alla mano enti regionali e consorzi di bonifica... la lista è lunga. Lo Stato, pardon il Governo, è latitante e imbelle. Le dimissioni del duo Renzi-Alfano, tanto gradite al Paese tutto, sembrano lontane. La gente dice che questo governo è gradito all’Europa ed agli Usa, e ci si chiede perché debba rimanere in carica quando non è amato dagli italiani. Ora non è più importante il pretesto, ben venga qualsivoglia incidente che infiammi le piazze, che permetta con le buone o le cattive di ridare l’ultima parola alle urne.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:04