“Bye-bye Europe”

Fiat “Brexit”. Chi sarà il prossimo a dire “Bye, bye Europe!”? L’Ungheria? O tutti in blocco i Paesi del Gruppo di Visegrád dell’ex Europa dell’Est? In fondo, nei matrimoni come in amore non si dice forse “chi ha dato ha dato”? E pazienza se poi i soldi per ritirarli su in “blocco”, quei Paesi, ce li abbiamo messi tutti noi contribuenti del Vecchio (e stanco) Continente. Sapete quale è, psicologicamente, politicamente e socialmente la profonda differenza tra “Noi” e “Loro” (Russia di Vladimir Putin compresa)? Semplice: loro hanno ancora un “Padre”! Noi no, non più. Perché invece di instaurare un regime di tolleranza rispetto al “diverso” abbiamo fatto di quest’ultimo un dogma inviolabile, un oggetto quasi sacrale. Siamo passati dai “Padri” (quelli che più di cinquant’anni fa posero le basi per un’Europa pacificata e laboriosa) alla Grande Mater che tutto riconduce al suo ventre, in cui non c’è distinzione tra ciò che è male e ciò che è bene.

Tutto ma proprio tutto è divenuto “relativo”, ammissibile, tutelabile. Di conseguenza è scomparsa la Regola. Quella che in milioni di anni d’evoluzione ha sempre dettato il Pater. Certo, spesso con la forza, la guerra, le violenze e le coercizioni. Quando è bastato, soltanto con il lume della Ragione, perché i popoli che quel discorso percepivano erano in grado di accettarlo, di assimilarlo. Oggi celebriamo la scomparsa del buon padre di famiglia, colui che tenendo in piedi e perpetuando i valori di una civitas li trasmetteva alla propria discendenza, affinché continuasse le tradizioni e i valori dei padri. Che cosa ha combinato il relativismo dilagante? La totale, progressiva destrutturazione del sistema di valori, generando per di più il massimo della confusione possibile negli obblighi comportamentali. Saltato il Codice, ognuno fa per sé. Nessuna autorità è più in grado di governare nulla: dall’ordine pubblico alla programmazione urbana, fino al buon funzionamento dei servizi essenziali di prossimità.

E con che cosa abbiamo sostituito la responsabilità individuale e collettiva? Con un mostro burocratico: il Leviatano, delegandogli funzioni di rappresentanza morale, etica e psicologica che sono proprie di una personalità individuale matura, obbligata a rispettare un sistema comune di regole condivise. Con il risultato disastroso di dilatarne a dismisura le competenze, gli organici della sicurezza, le tribù impiegatizie pagate da tutti di noi per concludere un bel nulla. Spazzini che non spazzano, autobus e metro che non passano, sanitari che non hanno cura del malato e della persona, scuole assolutamente decadenti per qualità culturale e selezione meritocratica. Impossibile bocciare. Impossibile imporre filtri per premiare i capaci e sanzionare gli incapaci. Prendiamo il disastro dell’immigrazione incontrollata, in cui governi irresponsabili hanno creato aspettative assurde, andando a prelevare con navi militari a due passi dalle località di imbarco gli immigrati clandestini, che spietati negrieri internazionali caricano senza pietà sui barconi, in base alla sola regola del profitto e nel più assoluto disprezzo per la vita umana. Se l’Europa fosse un buon padre di famiglia, quello che detta le regole, proclama valori e li difende, avrebbe chiuso tutte le frontiere. Facendo preliminarmente due cose. La prima: sporcarsi le mani con un proprio esercito per pacificare un Medio Oriente in fiamme che sono divampate per colpa sua. Vedi Libia, Iraq e Siria, in particolare. In secondo luogo, dopo aver esaurito la prima fase, fare accordi internazionali per vaste aree-cuscinetto nelle regioni dalle quali avvengono le partenze e sistemare lì adeguati campi di accoglienza, con gradevoli prefabbricati in legno e tutti i servizi essenziali per dare riparo e conforto a persone in difficoltà. Facendo sorvegliare da truppe Onu armate fino ai denti i compound relativi, da lasciare in dono ai Paesi ospitanti una volta cessata l’emergenza.

Dopodiché, quel buon padre avrebbe gettato al macero il Trattato di Dublino organizzando team specializzati europei - dotati di strumenti adeguati per mettere alle strette migranti economici che si fingono profughi - per l’esame delle domande dei richiedenti asilo. Concedendo poi ai respinti un lasciapassare internazionale per organizzare il proprio viaggio di ritorno, attraverso confini sicuri. Non lo vogliamo fare? Allora, saremo facile preda dei nuovi “padri” che vengono dall’Est.

Aggiornato il 06 aprile 2017 alle ore 17:25