
Se voi foste sopra una nave che imbarca acqua e rischia di affondare, perdereste tempo a tappare i forellini, oppure a chiudere con ogni forza gli squarci più grossi? Avete capito bene cari amici, questa è l’immagine della nostra politica e dei nostri governanti che da almeno vent’anni, tutti compresi, fanno l’opposto di quel che avrebbe fatto qualsiasi essere coraggioso e ragionevole.
Coraggio e ragionevolezza sono, infatti, le due virtù essenziali di fronte al pericolo, la prima per evitare che la paura prevalga sulla sorte personale, la seconda per sconfiggere l’ipocrisia che induce a camuffare il problema. Qui non si tratta solo di tirare in ballo i motti latini e cartesiani, “Audentes fortuna iuvat”, “Cogito ergo sum”, ma di guardare ai problemi del Paese per il rispetto costituzionale che la politica deve al popolo sovrano e alla democrazia.
Qualche settimana fa l’ex commissario alla Spending review, Roberto Perotti, ha rilasciato al Corriere della Sera un’intervista-verità, nella quale con schiettezza e coraggio annunciava i motivi per i quali in Italia la revisione non può funzionare. Perotti, infatti, analizzava sostanzialmente l’inutilità, o quasi, d’interventi di taglio di spesa pubblica concentrati sulla pagliuzza e non sulla trave. Tant’è che l’economista, professore bocconiano, ha scelto di rinunciare all’importante incarico pur di non scaldare la comoda poltrona al solo fine di illudere gli italiani con le solite promesse.
Nel nostro Paese, infatti, per dare un significato al risanamento dei conti e dunque al controllo delle uscite, bisogna affrontare e risolvere per sempre il nodo dei diritti acquisiti, dei privilegi, della moltiplicazione di enti, organismi e apparati. Questo nodo non solo è l’unico vitale per il futuro dell’Italia e della sua stabilità finanziaria, ma è diventato nel tempo un inaccettabile elemento d’ingiustizia sociale e discriminazione. Non è giusto che si mantengano sacche di nullafacenza, che si perpetrino contratti di scandaloso vantaggio salariale, che si tengano in vita trattamenti previdenziali immotivati, che ci siano cittadini di serie A e di serie B. Non è giusto che ci siano Regioni obbligate al rispetto di regole comuni e Regioni che, in virtù di Statuti speciali, possano impunemente generare buchi neri di bilancio e sperperi scandalosi. Non è giusto che si mantengano leggi che consentono a pezzi dello Stato di avere, oltre che alla sacrosanta autonomia giurisdizionale, anche quella salariale. Non è giusto infine preservare la divaricazione fra contratti pubblici e privati, consentendo così che i primi godano di inaccettabili vantaggi pagati dai secondi.
Del resto, parliamoci chiaro, solo in uno Stato dove il “pubblico” è enorme, ridondante e spendaccione, corruzione, malaffare e mala gestione fanno festa tutti i giorni. Insomma, ha ragione Roberto Perotti quando spiega il perché da noi la revisione della spesa non sia né utile né seria così com’è. Da più di vent’anni Berlusconi, Prodi, Monti, Letta e da ultimo Renzi, non hanno voluto e saputo prendere il toro per le corna, consapevoli che sarebbe stata una lotta dura, durissima, ma indispensabile per il futuro di tutti e della sostenibilità dei conti.
Cari amici, delle due l’una, o arriva qualcuno sostenuto da una maggioranza politica leale, realista e consapevole di quel che serve per salvare il Paese, oppure a forza di fingere e tappare buchetti sprofonderemo negli abissi. Del resto da un Parlamento che il Presidente emerito Napolitano, incredibilmente, ha definito “straccio in cerca di dignità”, cosa ci possiamo aspettare?
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:58