Caro Premier, serve altro

Matteo Renzi è stupefacente, improvvisamente si accorge che Merkel, Hollande e l’Europa che conta non lo seguono nemmeno un po’. Eppure da quando è Premier non ha fatto altro che parlare di successi e di risultati ottenuti nell’ambito Ue; successi che ovviamente vedeva solo lui perché per il resto del mondo si trattava piuttosto di contentini. Ed infatti qualche contentino, obtorto collo, l’Europa ce lo ha concesso, ma solamente per pretendere in cambio una nostra progressiva soccombenza su tanto altro, a partire dall’immigrazione biblica. Perché sia chiaro, a fronte di un po’ di tolleranza sui conti, Merkel e Hollande ci hanno lasciati soli sugli emigranti, sul bail-in, sull’interpretazione degli sforamenti di bilancio e così via.

Del resto, Renzi sin dall’inizio del suo mandato non ha capito che in Europa per farsi sentire non bastava darsi del tu con Angela o con Francoise, così come non bastavano gli abbracci e le pacche sulle spalle. Solo il nostro Premier si beava di poter dire in tivu: “Ho parlato con Angela”, “Io e François abbiamo detto”, “Con l’amico Jean-Claude ci siamo chiariti”. Insomma, Renzi non ha capito che in Europa per contare servono idee chiare e determinate, attributi d’acciaio e potere contrattuale, tutto il resto fa parte di quella confidenza da contentino.

Va da sé, infatti, che se Renzi all’inizio del mandato avesse riunito chi conta, a partire dalla Merkel, per annunciare “cari signori o rivediamo alcune cose o sono costretto a fare un referendum sull’Europa”, sarebbe cambiato tutto. Come sarebbe cambiato tutto se avesse annunciato che i costi dell’accoglienza, in mancanza di accordi, li avrebbe trattenuti sui fondi che l’Italia paga all’Unione europea.

Insomma, se il Presidente del Consiglio avesse dato prova di determinatezza e risolutezza per cambiare alcune regole fondanti dell’Euro e della Ue, pena il rischio di una disgregazione del consesso, molto sarebbe stato diverso. Del resto basterebbe guardare all’esempio della pur “piccola” Grecia che, minacciando di uscire, riuscì con Tsipras a riunire per settimane tutti intorno a un tavolo per mediare a proprio vantaggio. Per non parlare di David Cameron, al quale furono concessi mari e monti pur di evitare, peraltro inutilmente, la Brexit.

Oltretutto, a proposito di Brexit, si è visto che l’uscita non solo non ha generato catastrofi mondiali, ma sta spingendo l’Inghilterra verso risultati crescenti. In buona sostanza, per essere ascoltati in Europa serve “manico e schiena dritta”, altrimenti non si passa ed è ovvio perché tutti pensano a se stessi al di là dell’ipocrisia delle fraterne dichiarazioni ufficiali.

Come se non bastasse, la Germania da tempo ha messo nel conto la dissoluzione dell’Euro, ben sapendo che l’impianto non può reggere così come è, dunque tende a fare il pieno di utili prima del big bang. Solo Renzi non sembra averlo capito, come non ha voluto capire che l’accoglienza stava diventando un’invasione incontrollata e che sul bail-in doveva intervenire all’inizio del mandato per evitare di arrivare tardi. Oltretutto i provvedimenti del Governo in questi anni hanno solo dissipato risorse senza scuotere la crescita e il mandato di Mario Draghi, unico a tenerci in piedi, sta andando a scadere.

A questo punto serve un miracolo per riprendere in mano una situazione che scivola sempre di più verso la bufera e l’unica speranza è che lo si capisca e che con la vittoria del “No” al referendum Renzi passi la mano. Serve un Governo autorevole, nuovo, coeso e alternativo, serve un Premier fuori dal comune (magari fosse Draghi), serve una terapia shock per il Paese, a partire dal fisco, dall’apparato pubblico da dimezzare, dal mercato del lavoro da rilanciare e dalla burocrazia da decapitare. Serve che le banche eroghino una parte della montagna di soldi che hanno preso dalla Banca centrale europea. Solo così ce la faremo, solo così torneremo a crescere, a sperare e soprattutto a contare nel panorama internazionale.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:51