La “quinta colonna”   del sì al Referendum

Durante la guerra civile di Spagna venne in uso il termine “quinta colonna” per indicare quelle formazioni clandestine franchiste che operavano nel territorio dei repubblicani attaccato dalle “colonne”, dei “cuatro generales” golpisti che marciavano su Madrid. Da allora “quinta colonna” è espressione che indica i sostenitori della parte avversa che operano nell’ombra, non solo nelle guerre e nelle rivoluzioni, ma anche negli scontri politici.

C’è anche una “quinta colonna del Sì” al referendum costituzionale. Se così può chiamarsi, perché, in realtà opera, finché può, nell’ombra, ma non certo in segreto e nella clandestinità. Opera nell’ombra dei consigli di amministrazione, nelle redazioni dei “giornaloni”. In una parola: nelle sedi dei “poteri forti” e dei “grandi interessi”, nei vertici della magistratura e degli organi pubblici che dovrebbero essere neutrali. In tutta la fascia di contorno redditizia del “Partito della Nazione”, del Renzismo, c’è una “quinta colonna” che lavora per il “Sì” soprattutto alla confezione di pasticci e pasticcetti ambigui e furbastri. Una quinta colonna che è tale non tanto perché occulta (che tale, in fondo, non è affatto) ma per il tipo di operazioni da “sabotaggi di retrovia” che essa predilige. Non ne fanno parte solo menti raffinate, come si è portati a credere quando si parla di operazioni del genere. Ci sono dei “quintacolonnisti” essenzialmente grotteschi e persino un pochetto divertenti, anche se la stupidità è essenzialmente irritante. Dovrebbero essere “quintacolonnisti” in buona fede. Ma è un po’ una contraddizione in termini.

C’è ancora in atto un lavorio attorno a Forza Italia, che uscì allo scoperto quando Silvio Berlusconi dovette sottoporsi a quella delicata operazione al cuore. Sembrò allora che la “reggenza” aziendalistica del manager del gruppo Mediaset, Confalonieri, si dovesse estendere alla gestione di Forza Italia, con una sterzata “filorenziana”, “nazarenica”, della quale la raffinata capacità di adattamento di Giuliano Ferrara e quella grottesca ed indisponente di Claudio Cerasa erano le corifee. Fedele Confalonieri pare non abbia rinunciato all’idea di poter svolgere un ruolo di badante nei confronti di Berlusconi e di amministratore anche del suo “patrimonio politico”. Ora ha inventato una “posizione nazarenica di non belligeranza” tra Forza Italia e Matteo Renzi che, in fondo, credo finisca per significare che Forza Italia dovrebbe, magari, schierarsi per il “No”, avendo cura però di perdere la partita per non danneggiare l’ex boy-scout e le prospettive per Berlusconi di finire per fare da tirapiedi al “Partito della Nazione”.

Per fortuna questo progetto di commissariamento aziendale del partito di Berlusconi ha tutto il sapore di una vanteria da spendere in ambienti confindustriali, perché oramai l’impegno per il “No” di tutto l’ambiente che ad esso fa capo non potrebbe lasciar consumare una simile baggianata. Semmai queste poco ragionevoli e poco decenti velleità hanno spinto le migliori intelligenze di F.I. ad accelerare l’apertura della campagna per il “No”. Renato Brunetta lo sta facendo egregiamente.

A metà settembre in un convegno a Milano dovrebbe tracciarsi il nuovo percorso di tale formazione politica. Ci auguriamo che l’impegno per il “No”, chiaro, netto e forte non venga messo indietro rispetto a qualsiasi altra questione. E ci auguriamo un altrettanto chiaro e forte impegno contro l’asservimento del Paese al “pangiustizialismo” ed allo strapotere del Partito dei Magistrati. Anche di questo dovremo tornare ad occuparci con non minore impegno.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:01