
Che il momento per Renzi ed il Governo non sia dei migliori è evidente: ennesima ricostruzione post-sisma da affrontare con una drammatica scarsità di mezzi, dati economici in poco chiaro e molto scuro, questione bancaria ancora in alto mare con ricadute pesanti sulla fiducia nel “Sistema Italia” e riforme in bilico dopo la saldatura del fronte del “No” (destra, sinistra e grillini) alla modifica della Carta costituzionale.
Ciò detto, le frecce all’arco dell’ex sindaco di Firenze appaiono ancora molte e ben solide, soprattutto se confrontate con l’intrinseca debolezza dell’opposizione (esterna ed interna) assai avara in proposte, sempre più connotata da toni esagitati perciò stesso poco credibili (chi grida sempre al lupo rischia di diventarne preda) e, soprattutto, animata da interessi e strategie divergenti se non - addirittura - diametralmente opposte.
Così, mentre Stefano Parisi, bisognoso di tempo per rianimare un centrodestra “esangue”, invoca il “Renzi bis” ed una fase costituente dopo la vittoria del “No” al referendum, i Cinque Stelle - anch’essi sostenitori del “No” - sono già in sella per una rombante campagna elettorale anticipata.
Ma le contraddizioni dell’opposizione potrebbero essere destinate a deflagrare nel caso in cui il Premier decidesse di puntare sulle due frecce più avvelenate (anche sul fronte interno al Partito Democratico): un deciso taglio delle tasse (Ires ed Irpef) e la modifica dell’Italicum.
Come molti autorevoli analisti pronosticano, l’Europa, già fiaccata dalla Brexit, intimorita dall’ondata terroristica e sfilacciata dalla vertenza migranti, non potrà permettersi il lusso di aprire anche il “fronte italiano” contribuendo a “destabilizzare” il quadro politico del Bel paese con pretese eccessive in termini di rigore e di austerity. Sarà giocoforza quindi per Merkel & company - magari con vincoli stringenti sull’utilizzo delle risorse concesse (vincoli peraltro assai utili al Premier per evitare il tradizionale “assalto alla diligenza” e blindare la finanziaria) - concedere maggiore flessibilità all’Italia che in soldoni significano miliardi sonanti a disposizione dell’Esecutivo per investimenti pubblici, stimolo alla crescita e quello che da Amatrice è stato annunciato come il “Piano Casa Italia”.
Provvedimenti in grado di smorzare il vento che negli ultimi anni ha gonfiato le vele di chi, dall’opposizione, si è stracciato le vesti contro l’eccessivo rigore (vedi Lega o settori di Forza Italia e dei Cinque Stelle) o, chi - per contro - ha costantemente denunciato l’inerzia del Governo sul fronte degli investimenti pubblici (leggi bersaniani, cuperliani per non parlare della sinistra “a sinistra”).
Ma c’è di più. La freccia più acuminata risiede in quello che da tempo abbiamo ritenuto essere “l’asso nella manica” di Renzi, ovvero la modifica dell’Italicum. All’occorrenza, infatti, nel renzianissimo stile emergenziale - suggerito, eventualmente, anche dal pronunciamento della Corte costituzionale atteso per i primi di ottobre - il Governo potrebbe presentare e far approvare tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre (almeno in prima lettura e con l’ennesima strategica fiducia) una nuova legge elettorale magari con il premio di maggioranza alla coalizione o l’elezione diretta dei senatori per sfaldare il fronte del “No”, recuperare credibilità a sinistra ma anche al centro (leggi Udc, quagliarielliani ecc.) e rispedire al mittente i tanti avvisi di sfratto recapitati in questi mesi all’inquilino di Palazzo Chigi.
La partita è appena agli inizi e nonostante le insidie del post-terremoto, qualcuno potrebbe davvero aver fatto conti affrettati avanti l’oste.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:54