Un aforisma, un commento

“Dopo una calamità naturale, come un terremoto, tutti auspicano un sollecito ritorno alla normalità. Ma la normalità è solo un’ingenua illusione. La realtà, sia essa naturale oppure sociale, è in perenne mutamento e ciò che abbiamo perduto può essere ripristinato solo col ricordo”.

Capita spesso di vedere, sulle pareti di un bar o di un ristorante, in ogni regione italiana, vecchie fotografie del luogo, la stazione ferroviaria di un tempo, la piazza con la gente vestita a festa, la facciata dell’immancabile albergo centrale e così via. Si tratta di testimonianze della “normalità” di allora, vissuta da generazioni che se ne sono andate per sempre, assieme a buona parte degli edifici e a mille usi e costumi locali. Non c’è bisogno di scomodare Eraclito per riconoscere che il mutamento è perenne in tutte le cose del mondo. Varie tecnologie, dalla macchina a vapore in poi, hanno modificato periodicamente, gradualmente o repentinamente, i vari stadi della normalità. Per chi ha vissuto l’avvento della “carrozza senza cavalli” e poi del volo o delle numerose invenzioni per la comunicazione a distanza, la normalità era quella della tecnologia disponibile fino al giorno prima e, di volta in volta, le novità tecnologiche facevano dire a molti, con grande sussiego, “dove andremo a finire?”

Il fatto è che il mutamento non ha fine e a renderlo permanente non c’è solo l’attività umana ma anche, e soprattutto, quella delle numerose forze della natura, del tutto indifferente rispetto alla nostra sopravvivenza. Piange il cuore nel vedere, con una certa inesorabile periodicità, interi borghi o illustri centri storici sparire sotto i duri colpi della sismicità ma, di fronte a tutto questo, sembra decisamente irrealistico e irrazionale credere che sia possibile, e magari doveroso, ripristinare la configurazione urbanistica e architettonica precedente, per di più con la necessità di ricorrere a costose ricostruzioni antisismiche nei riguardi di edifici antichi per loro natura o per la loro età normalmente fragili e insicuri.

Mosse da una motivazione comprensibilmente orientata ad esorcizzare il disastro, quasi tesa a vincere la sfida della natura, le popolazioni locali chiedono a gran voce di poter tornare alla loro normalità, quella nella quale il luogo e le persone convivevano in una quotidianità che si rifiutano di vedere cancellata. Tuttavia, le vistose modificazioni prodotte da un violento terremoto, in pochi minuti realizzano cambiamenti che, senza eventi sismici, si sarebbero realizzati solo con l’accumulo delle variazioni, di cui spesso non ci accorgiamo, dovute alla dinamica della natura e all’azione dell’uomo lungo i secoli.

Fatta salva l’opportunità di ricorrere al restauro di ciò che è restaurabile, e che valga la pena di mantenere, è del tutto irragionevole pretendere di ricostruire interi quartieri o paesi ormai compromessi, contando sulla convinzione che simili rifacimenti siano in grado di riprodurre, per giunta in luoghi interessati da ricorrenti fenomeni sismici, l’autenticità, ormai perduta, di luoghi, ambienti e case destinati a rimanere vivi solo nella memoria collettiva. Fra l’altro, in agguato c’é il kitsch, ossia il triste e per certi versi caricaturale aspetto che le copie irrimediabilmente esibiscono rispetto all’originale. Stupisce che persino uomini dalla raffinata cultura artistica stiano caldeggiando, in questi giorni, l’idea di ricostruire “come era” questa o quella località colpita dal recente terremoto. Sarebbe interessante conoscere le loro proposte nel caso che, Dio non voglia, un evento qualsiasi dovesse ridurre in polvere il Colosseo o la Torre di Pisa. Dovremmo forse aspettarci la costruzione, in scala uno a uno, di un Colosseo in cemento armato o una Torre di Pisa in plastica, ambedue ricoperti da sostanze che diano l’impressione della pietra o del marmo, come è possibile vedere nei piccoli souvenir che riempiono le bancarelle a Roma come a Pisa? Probabilmente progetti del genere troverebbero immediato successo sia di finanziatori sia, poi, di pubblico come è accaduto a Malibu, in California, per la Villa dei Papiri di Ercolano ricostruita da Paul Getty (nella foto), dotata di ampio parcheggio sotterraneo, bar e ristorante, di fronte all’Oceano Pacifico.

L’autenticità, anche se o, forse, proprio perché gravata dagli effetti del tempo, è una risorsa preziosa in sé e nel contesto che la ospita, e non ammette riproduzioni artificiali alla ricerca velleitaria di una immortalità impossibile.

Aggiornato il 06 aprile 2017 alle ore 17:06