
Che spesso l’America sia stata al centro di tante vicende mondiali opache, se non torbide, è piuttosto noto, come è noto che molte di queste sono accadute in prossimità, o nel corso, delle presidenziali USA. Chissà, sarà per questo che Trump nella sua corsa elettorale insiste nel dire che al centro del suo programma ci saranno i problemi interni dell’America, anziché quelli degli altri paesi.
Troppo spesso, infatti, gli USA per logiche di potere geopolitico internazionale, oltreché per la sindrome da imperialismo, sono intervenuti con scelte militari o diplomatiche sbagliate e talvolta disastrose. Inutile farne l’elenco, perché ci vorrebbero pagine e pagine, comunque quel che è certo è il precipitato di queste scelte, che ha finito con il complicare e coinvolgere spesso drammaticamente i paesi che, in un modo o nell’altro, le hanno condivise. Per questo suona strano che, proprio adesso, dopo tanto immobilismo Obama abbia deciso i raid in Libia, che Hillary Clinton accusi tanto spregiudicatamente Mosca di spionaggio e che in Turchia si dica che dietro il golpe tentato ci sia l’America. Inoltre, lascia alquanto sorpresi che i drammatici accadimenti turchi siano avvenuti a pochi giorni dalle scuse di Erdogan a Putin e alla riconciliazione piena fra i due. Insomma, troppe cose drammatiche e forti sono accadute sul piano internazionale per non pensare che la corsa presidenziale USA non centri nulla di nulla.
Del resto tutte le scelte di Obama più recenti sono state in chiave anti-Putin, basterebbe pensare alla pace con Cuba, all’accordo con l’Iran, all’imposizione in Europa delle sanzioni nei confronti della Russia. In sostanza, che tutto ciò sia accaduto nel mezzo delle elezioni USA, dopo anni e anni di immobilismo, potrebbe dirla lunga sulla volontà dei democratici americani a non mollare l’osso a qualsiasi prezzo. Oltretutto oggi dall’altra parte c’è Trump e non un repubblicano convenzionale, dunque per un vastissimo circuito di poteri forti degli States il pericolo è ancora maggiore. Del resto, che addirittura pezzi dei repubblicani concilianti si siano schierati sfavorevolmente al platinato “Big Jim”, la dice lunga. Trump, infatti, è anticonvenzionale, ingovernabile, politicamente scorretto, stramiliardario di suo, rigidissimo con i mussulmani e non è contro Putin. Come se non bastasse, ha dichiarato apertamente di voler pensare ai fatti domestici piuttosto che a quelli internazionali, a partire dal recupero delle tradizioni identitarie, anziché quelle attente alle vicende altrui.
Insomma Trump non solo è l’opposto di Hillary, ma anche l’opposto di una certa politica repubblicana di opportunismo condiviso, che l’America porta avanti sin dalle dinastie Bush/Clinton e che le incapacità e gli sbagli di Obama hanno finito con il riqualificare. Ecco perché l’establishment Usa tiene per Hillary (da una parte e dall’altra), ecco perché i poteri forti europei fanno lo stesso, ecco perché i club di forza planetaria lavorano per la Clinton. Potremmo dire che un gattopardo mondiale è all’opera, per scongiurare sia che vinca Trump e sia che Putin diventi ancora più grande e determinante nella geopolitica globale.
Infatti, se le due cose si verificassero il cambiamento e lo sconvolgimento sarebbe epocale nei rapporti con l’Europa, con l’Est, con i Paesi arabi, con Israele e l’assetto mediorientale. Stiamo per ciò vivendo un passaggio fondamentale per quelli che saranno gli equilibri del pianeta, nella politica, negli affari, negli accordi, nei rapporti fra Stati, persino nella sopravvivenza dell’Euro. Per questo fino a novembre ne vedremo ancora, di cose, per questo il clima si è fatto incredibilmente incandescente dalla politica ai mercati, dai focolai di guerra e terrore all’emigrazioni di massa. Staremo a vedere come finirà, ma una cosa è certa, il 2016 resterà nella storia come uno di quegli anni indimenticabili……..
Aggiornato il 06 aprile 2017 alle ore 16:56