
C’è nel cosiddetto riformismo costituzionale “RenzoBoschivo” una componente asinina. Stavo per dire “schiettamente asinina”, ma mi sono corretto: di schietto, di lucido, di chiaro non c’è niente, nemmeno l’asinità, concetto che, in qualche modo e misura richiama la buona fede. Perché si tratta di un’asinità intrisa di atteggiamenti furbastri, di riserve mentali, di strumentalizzazioni ambigue.
Quanto all’asinità non dovremmo scordare la “ripassata” del professore che aveva avuto la Boschi sua allieva all’Università, che in una pubblica manifestazione si può dire che abbia mandata dietro la lavagna. C’è, in realtà, e risulta immediatamente alla lettura dei prolissi articoli della legge di cosiddetta riforma, una confusione di idee, una incapacità di concepire concetti generali ed univoci, di ragionare evitando di confondersi su piani e questioni diverse e farne un pasticcio che è tipico della degenerazione intellettuale che da tempo infetta il mondo del diritto e la funzione legislativa in Italia. Ci sarebbe da scrivere volumi su questa patologia del diritto, che, partendo dalla patologia della funzione giudiziaria, ha, in breve tempo, infettato la nostra cultura giuridica e non solo giuridica.
Ma, se manifesta è un’oscura e radicata asinità dei “neocostituenti”, altrettanto manifesto ed anche chiaro, per quanto può esserlo, è lo sprezzo furbastro, la tendenza alla devianza strumentale, l’ubbidienza alle esigenze di una quotidianità precaria che caratterizza l’avvio della campagna dei difensori della cosiddetta riforma per il referendum, ma, in sostanza contro il referendum, che, oramai, pare non si possa più chiamare “il referendum di ottobre”, perché la furbastreria asinina è, anzitutto, impegnata per un rinvio. “Sine die”, come si diceva una volta, oppure “alle calende greche”.
Abbiamo ripetutamente scritto e sottolineato che la caratteristica della campagna dei renziani (originali, acquisiti, di complemento, in pianta stabile o per incapacità di intendere) consiste in un continuo, insistente, incredibile, forzato tentativo di parlar d’altro. E ad inventare fantasiose “esigenze” di “digerire” il pasticcio schifosetto della cosiddetta riforma. La campagna per il Sì al referendum è stata aperta da quella che è poi risultata, per ammissione dei suoi stessi sostenitori, la più grave cavolata mai commessa da Matteo Renzi: l’affermazione che “occorre votare sì sennò io me ne vado a casa e rimarrete a rodervi nel pentimento e nella disperazione”. La risposta è stata un “magari!” che ora turba i sogni del capo e di molti seguaci e parassiti. Da tempo, in modo velato e strisciante, la modifica della Costituzione è stata inserita nella categoria delle “riforme” che l’Europa ci avrebbe chiesto in modo pressante. Che di questo ci si debba preoccupare a Bruxelles ed a Strasburgo è cosa da ridere. Poi è venuto alla ribalta un crescente umore euroscettico e di reazione contro vere e presunte intromissioni dell’Unione europea ed anche questo argomento è stato dovuto abbandonare perché troppo evidentemente controproducente.
È rimasta una generica esigenza di “aumentare il nostro credito all’estero” dimostrando di “saper cambiare”. Che qualcuno abbia potuto prendere sul serio una simile cavolata è assai difficile. C’è poi tutta la serie delle invocazioni dei presunti “insegnamenti” del Brexit, quasi sempre a vanvera e, soprattutto, concepiti in modo contraddittorio. Per lo più si tratta di argomenti contro il referendum piuttosto che contro il “No”. Renziani più o meno manifesti e confessi come tali, cercano di far leva sullo sgomento e su qualche ripensamento sul Brexit, conseguente all’esito di un referendum più o meno con questo discorso: “Vedete quali guai si procurano facendo votare la gente ignorante su cose complicate invece di lasciarle decidere a quelli che molto se ne intendono?”.
Un discorso che, peraltro, evidenzia ancor più la topica di Renzi, che proprio dal referendum voleva ricavare un investimento personale ed una legittimazione e sanazione di molti suoi errori. E che troppo evidentemente tira in ballo una questione troppo diversa. C’è poi tutta la storia della “governabilità”. Se la riforma è bocciata, “l’Italia sarà ingovernabile”. Ora, a parte il grottesco del voler mettere con la riforma una sorta di museruola al cagnaccio Italia cattivo e disubbidiente, c’è da domandare a Renzi, che afferma di aver governato benissimo finora con la Costituzione così com’è, che cosa intenda per “governabilità” e perché ritenga che, d’ora in poi, la possibilità di governare, invece, verrebbe meno se non adottassimo col nostro voto il suo pasticcio.
A questo punto occorre fare una considerazione d’ordine generale. Tutta una serie di “esigenze” che imporrebbero di accettare l’inaccettabile riforma sono “questioni del giorno”, che vanno, appunto, dalla sorte del Governo Renzi alle “priorità” delle legge di stabilità, etc.. Questo è il segno ineludibile di una intrinseca incapacità politica, culturale e morale di questo “Partito della Nazione” di affrontare questioni d’ordine superiore e di portata non contingente, ma tali da proiettarsi nei futuri decenni, quale è la Costituzione, i suoi meccanismi, il suo funzionamento. Questa è gente che per il piatto quotidiano di lenticchie venderebbe la primogenitura della legge fondamentale della Repubblica.
Le “contingenze” alle quali si dovrebbe condizionare il voto al referendum, il Sì a questa vergogna, sono le più varie. La fantasia nell’inventarle e la disinvoltura con la quale vengono invocate e tirate in ballo in una così grave e, direi, solenne questione relativa al futuro della Repubblica, danno tutta la misura dell’inadeguatezza di una classe politica abborracciata, venuta alla ribalta in conseguenza di atti di vera violenza, di golpe distruttivi. Basta, credo, evocare la più grossa cazzata (termine volgare ma è l’unico adeguato) della giuliva, etrusca Boschi che ha affermato che il Sì alla sua riforma è necessario per far fronte al terrorismo. Una riforma dovuta al pensiero di una persona capace di simili sciocchezze non può meritare che un No senza alternative ed attenuazioni. No da votare al più presto. No, No e No!
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:01