
Nei giorni scorsi un putiferio di “voci”, di sintesi e di dettagli di intercettazioni telefoniche, di accuse e di insinuazioni si è abbattuto su Angelino Alfano che, benché privato della qualifica di “vicepresidente del Consiglio”, continua ad essere la principale “stampella” (nota ed esibita) del governo Renzi.
Francamente quello che “è venuto fuori” (si fa per dire) sul Ministro dell’Interno, non è cosa, con i tempi che corrono, degna di gran rilievo. Si tratta, intercettazioni a parte, di voci e notizie che da tempo corrono in Sicilia ed altrove. Che un Ministro dell’Interno e capo-partito (o, a dir meglio, partitino, gruppetto, conventicolo) non abbia e non coltivi, specie in Sicilia, rapporti clientelari, sarebbe affermazione più sospetta che poco attendibile.
Del resto anche le “voci” siciliane sul personaggio sono assai più variegate, pesanti e specifiche di quelle che hanno fatto scalpore sulla stampa nei giorni scorsi. Ad onor del vero sono altre le cose che, con altra parvenza di fondatezza e di gravità, sono state dette e ripetute su Alfano in Sicilia e nella sua zona d’origine in particolare. C’è, ad esempio tutta una azione “antimafia” svolta a sua iniziativa o, almeno, col suo autorevolissimo avallo, che è venuta a coincidere con la “svolta mafiosa” dell’antimafia imprenditoriale siciliana.
Lo scioglimento per “condizionamenti mafiosi” di qualche Comune, ha di fatto liquidato, ad esempio, il tentativo di fare progredire la raccolta differenziata dei rifiuti solidi urbani, con vantaggio e giubilo dei “munnizzari” sicindustriali, cioè di quell’organismo che della preoccupante “svolta” può considerarsi il simbolo. C’è, dunque, clientelismo e clientelismo. Quello di Alfano si direbbe essere di più alto livello e di più tranquillo esercizio. Perché, dunque, la “tempesta” mediatica dei giorni scorsi su Angelino Alfano?
Alfano era considerato fino ad alcuni anni fa un probabile “delfino” di Berlusconi. Io stesso così lo definii in un articolo pubblicato su “L’Opinione” addirittura una quindicina di anni fa, aggiungendo: “Dio salvi l’Italia”. Passato ad altra sponda, malgrado la posizione di tutto rilievo nel Governo, Angelino non può certo ipotizzarsi “delfino di Renzi”, e non solo per una quesitone di età. Ha tante probabilità di succedere al Boy-scout quante ne ho io di succedere a Papa Bergoglio. Ma proprio i fatti dei giorni scorsi ci consentono di affermare che, anziché di “delfino”, sia destinato ad assumere e ne abbia, appunto, fatto l’esperienza, il ruolo di “amichetto del Delfino di Francia”.
Il figlio ed erede del Re di Francia, che della sacralità della maestà del padre era già partecipe, doveva pur essere educato ed istruito. Era allora considerato elemento necessario ed indispensabile di una buona educazione dei pargoli la somministrazione di una buona dose di busse. Ma sculacciare il futuro Re di Francia era una sorta di sacrilegio, di poco meno grave portata che l’offesa all’augusto genitore. Si rimediava mettendo accanto al Delfino (come veniva chiamato il principe ereditario) un altro ragazzino che come lui stringesse affettuosa amicizia, incaricato di ricevere le busse in suo luogo e vece quando il Delfino si fosse dimostrato un po’ discolo e poco assiduo nello studio.
Il presupposto di tale “delega” era che l’animo sensibile di Sua Altezza, soffrisse nel vedere l’amico ricevere l’alto onore di essere sculacciato in suo vece, traendone beneficio per la sua educazione. Più probabile era che ne ricavasse l’abitudine di aver sempre qualcuno su cui scaricare i propri errori e le proprie colpe. Privilegio dei Sovrani e dei potenti. Oggi, dunque, si direbbe che Angelino Alfano è destinato a ricevere le sferza dei media che intendono imporre il “ravvedimento” o notificare qualche avvertimento all’augusta persona del Boy-Scout- Presidente per più versi e motivi intoccabile direttamente (almeno per ora). Bel privilegio, mi direte. Ma ciascuno finisce per avere il ruolo che si merita. Staremo a vedere.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:50