I dubbi della vendita delle case dell'Inpgi

Il piano di cessioni del patrimonio immobiliare dell’Istituto di previdenza dei giornalisti ha suscitato già molte perplessità. L’operazione è destinata a provocare ulteriori polemiche e divisioni. A partire da settembre quando arriveranno le lettere riguardanti la prima tranche di vendita. I vertici dell’Inpgi intendono cedere circa la metà degli immobili entro il 2018 per un valore di 450.­550milioni di euro, a cui seguirà una seconda ondata di vendita per un valore di altri 150.­200milioni.

Prima dell’estate verrà messo a punto dalla maggioranza guidata dalla presidente Marina Macelloni un “business plan” per individuare, in base alle regole fissate, con quali immobili procedere e i soggetti interessati. La nuova dirigenza dell’Inpgi si muove nella continuità della gestione di Andrea Camporese, imputato al Tribunale di Milano nell’operazione di acquisto delle quote Fip (Fondo Immobili Pubblici) della Sopaf SpA per 30milioni di euro. Le necessità finanziarie di cassa spingono a procedere a passi veloci, varando i “criteri guida” ed altri passaggi tecnici come l’unificazione delle due gestioni nel quale era diviso il comitato di comparto del Fondo Amendola che possiede il cento per cento dei beni immobiliari. L’Inpgi ha fretta. Ha scarsa liquidità necessaria per far fronte allo sbilancio di circa 100milioni a fine anno.

Il consiglio di amministrazione di via Nizza intende anticipare i criteri del governo in base ai quali solo il 30 per cento del patrimonio degli enti previdenziali privati può essere investito in immobili. Ma l’Inpgi è ente di diritto pubblico sostitutivo della previdenza obbligatoria e già ai tempi del ministro Donat Cattin contribuì alle esigenze del Tesoro con un sostanzioso prelievo. Vendere non sarà facile. Molte le incognite a partire dai criteri di determinazione dei prezzi, dall’entità delle riduzioni previste per gli inquilini, dalle priorità da dare ai giornalisti iscritti all’Istituto che hanno pagato per anni il canone e versato consistenti contributi e infine ai meccanismi e convenzioni con gli istituti di credito per i mutui e i notai per i rogiti.

Sono molti a considerare nefasta la gestione di Andrea Camporese e della sua maggioranza per aver accettato le maglie larghe dei prepensionamenti e della cassa integrazione e per aver nascosto, con operazioni di conferimento al Fondo Giovanni Amendola (comparti uno e due) di immobili di proprietà, il profondo rosso di quattro anni del saldo tra entrate per contributi e uscite per pensioni ed altre prestazioni. Nel bilancio di assestamento del 2015 il rosso era di 106milioni, quello del 2016 supererà le previsioni di 92milioni. L’Inpgi si sta spogliando dei propri immobili? I rischi sono molti. Il primo è quello di cederli a prezzi inferiori a quelli della valutazione con cui sono stati conferiti e quindi di registrare future perdite di bilancio. Un consistente patrimonio immobiliare era stato sempre considerato una specie di assicurazione sulle future pensioni.

Ora per far fronte ai bisogni di liquidità i vertici dell’Istituto nel dicembre 2015 si sono rivolti ai consulenti di “MangustaRisk” secondo i quali “dovranno essere cedute, entro il 2018, proprietà per circa 550milioni e per altri 150 nei due anni successivi”. Il consiglio di amministrazione ha approvato il 14 giugno 2016, con 9 voti a favore e 1 contrario su 10 consiglieri presenti, la delibera contente le linee­ guida e i criteri generali del processo di dismissioni di parte del patrimonio immobiliare del “Fondo Giovanni Amendola, condividendo e integrando le proposte formulate dalla società di gestione del Fondo, InvestiRe Sgr della famiglia Nattino. È stato previsto di individuare uno stock di immobili da destinare alla vendita sul mercato per circa 700milioni entro il 2020 e predisposti alcuni paletti o sconti”. Tutto chiaro? I dubbi sono ancora molti e derivano soprattutto dalla svendita senza un piano di nuovi acquisti a garanzia delle pensioni delle nuove generazioni.

È un mistero la stima su cui è basata la rivalutazione degli immobili fatta dalla Sgr e che costituirà il parametro dei prezzi di vendita. Altri dubbi sono stati avanzati dai rappresentanti del Sindacato Autonomo degli Inquilini (Sai) in un incontro con la presidente Marina Macelloni e il direttore Mimma Iorio. Per il sindacato inquilini e assegnatari “è un grave errore limitare al 20 per cento lo sconto per gli inquilini che saranno chiamati ad acquistare le case dell’Istituto e che non abbia ascoltato prima di dare via libera alle vendite le proposte del sindacato”. Altro tema è quello della tutela per chi non compra e cosa vendere. Secondo Innocenzo Cruciani, segretario dell’associazione stampa romana e consigliere Inpgi, la strada più percorribile e nella trasparenza sarebbe quella di mettere in vendita le case costruite prima del 1985 che sono le più vecchie e che chiedono continui e costosi interventi di manutenzione e ripristino. Particolare riguardo, inoltre, dovrà essere riservato ai giornalisti pensionati e in attività sia per coloro che riusciranno ad acquistare l’immobile sia per quelli che non ne avranno i mezzi.

“Il giornalista­ socio - scrive Cruciani - che ha pagato per una vita alti contributi previdenziali e per decenni alti canoni di affitto all’Inpgi non può essere posto sullo stesso piano di un laico non giornalista che non ha mai versato un contributo, non è socio dell’Istituto”. Da iscritto ed ex consigliere Cruciani constata amaramente che “in questi decenni l’Inpgi ha fatto da bancomat alla Fieg con risultati pessimi ed ha progressivamente abbandonato i valori di socialità, mutualità che erano alla base della sua rifondazione nel secondo dopoguerra”. La gestione del patrimonio immobiliare abitativo ora ricorda più le pratiche di una finanziaria con intenti speculativi che non i valori di un ente previdenziale che nella carta costitutiva aveva tra gli obiettivi principali l’acquisizione della casa da parte del giornalista­ socio. Negli ultimi tempi una politica miope basata su canoni esosi lontani dalla realtà del mercato ha costretto tanti giornalisti, anche in età avanzata, a lasciare le case dove avevano abitato e pagato puntualmente l’affitto per decenni.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:49