Da Città Eterna a città di ethernet

Terminata la sbornia di dati elettorali e la serie infinita di pistolotti propinati dai tanti politici che pensano di aver vinto, adesso è la volta dei politologi estremamente intelligenti i quali vogliono spiegarci come funziona l’universo e cosa si cela nel retrocranio del cittadino-elettore.

Noi, che più modestamente ci consideriamo degli artigiani della tastiera, non azzardiamo analisi fuori dalla nostra portata ma ci limitiamo a notare come questa campagna elettorale abbia preso spesso delle pieghe ai limiti del supercafone. Ci riferiamo al filo conduttore che unisce le lacrime della Pascale esibite alla finestra del San Raffaele, il post del marito del sindaco Virginia Raggi che sbatte i propri problemi familiari in piazza e la missiva del figlio di Roberto Giachetti che ha pensato bene di consolare il padre con una lettera aperta sui giornali acuendo quell’alone di sfiga che si è posato sul candidato sindaco Dem.

Queste “lacrime napulitane” tra il recitato e l’ostentato restituiscono il vero senso della nuova politica la quale vira sempre più verso la soap opera, abbandonando invece l’aspetto più nobile ed utile di quella che una volta veniva definita l’arte del governare.

Aspetti di costume a parte, non si può certo affermare che i candidati abbiano brillato per attenzione ai contenuti o per elaborazione di soluzioni innovative preferendo invece dare maggior rilievo alle emozioni che riuscivano a suscitare nell’uditorio, alla polemica di bassa lega (come il ricorso verso la Raggi da parte di associazioni vicine al Pd a mò di dossieraggio giudiziario che in passato fu la fortuna elettorale di Berlusconi) o alla generica dichiarazione di purezza tipica dei pentastellati che si sono auto intestati la patente di unici onesti.

Qualcuno ricorda un punto qualificante del programma elettorale di uno dei candidati alla carica di sindaco? A noi, facendo un estremo sforzo mnemonico, forse qualcosa sovviene ma del tutto marginalmente. Se queste sono le premesse, non osiamo immaginare cosa sarà, ad esempio, la gestione del Comune di Roma.

Siamo pronti a scommettere che i difficili problemi reali verranno presto mandati in vacca in luogo della consueta apparenza che generalmente per i Cinque Stelle si sostanzia nel solito taglio dello stipendio, nel rifiuto dei finanziamenti pubblici e nella rinuncia alle auto blu ed a tutti i privilegi. Così la sete di vendetta popolana verso i potenti sarà soddisfatta, ma la gestione della città rimarrà al palo sepolta sotto il nulla dei triti e ritriti gesti giacobini, ipocriti e plateali.

Sbagliato tagliarsi lo stipendio ed i privilegi? No, ma una città ha bisogno di un sindaco e non di un frate flagellante che pratica il pauperismo. L’esempio è importante ma non basta ad amministrare un mostro come Roma. La politica dei piccoli gesti sarà anche bella, ma sostituire la politica dei segnali di buona volontà alla politica tout court è come credere che la forma possa sopperire alla sostanza.

Siamo pronti a scommettere anche che la manfrina utile a nascondere le carenze amministrative sarà quella di mandare vagonate di atti in Procura giustificando la mancata realizzazione delle promesse elettorali con la situazione di aberrante illegalità rinvenuta nella macchina comunale. Già li vediamo i grillini gridare all’inagibilità morale di un contesto come quello del Municipio Capitolino ed a stringersi nelle spalle per la mole di debiti che le passate amministrazioni comunali avevano colpevolmente nascosto ribandendo come un disco rotto che intanto loro si sono tagliati lo stipendio. Anche in questo caso: sbagliato denunciare i furfanti? Ovviamente no, ma resta il fatto che la città aspetta delle risposte e non solo uno sceriffo che denuncia tutti o che svela il terzo segreto di Fatima in base al quale a Roma non si può investire un euro perché ci sono tredici miliardi di debiti. Non è l’antipatia nei confronti dei grillini a farci parlare ma il pregresso: promisero di aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno ma in realtà si sono solo lodevolmente tagliati questo benedetto stipendio e la qual cosa sarà anche apprezzabile ma, lo ribadiamo, non è politica.

Non nutriamo molte speranze nel nuovo corso ma siamo pronti a ricrederci e fare pubblica ammenda se del caso. Allo stato attuale non riusciamo proprio ad aspettarci il miracolo da chi, anche per intitolare una strada, ritiene opportuno consultare il web. E non ci consola nemmeno il fatto che, dove non arriverà la rete, a muovere i fili del sindaco ci penserà la Casaleggio e Associati, società che tiene sotto contratto la Raggi costringendola di fatto ad adeguarsi ai dettami di una ditta privata (con la previsione di vere e proprie penali) nel suo ruolo di primo cittadino.

In pratica la gestione del Comune di Roma è subappaltata ad una società informatica di Milano - ed in alcuni casi alla Rete - ma di fatto sottratta all’unica entità che può giudicare un Sindaco e cioè il popolo sovrano. Da Città Eterna a città di ethernet.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:04