
Stefano Parisi non meritava di perdere, oltretutto con uno come Beppe Sala che non è per niente simile a lui, semmai molto simile a Matteo Renzi, che lo ha sostenuto a spada tratta. Sala, infatti, come Renzi, è uno dei tanti casi di sopravvalutazione umana che in Italia sono sempre andati di moda specie nel centrosinistra, si trasforma in straordinario l’assolutamente ordinario. Dunque, premesso che tra Sala e Parisi c’è una grande differenza in tutto, è indubbio che il primo abbia salvato Renzi dalla disfatta totale. Per il Presidente del Consiglio, infatti, poter vantare il successo ambrosiano rappresenta l’unico ma anche l’ultimo degli appigli possibili per restare a galla.
Del resto come abbiamo detto i due sono molto simili, primo perché non infondono particolare simpatia, secondo perché si ritengono i salvatori del mondo, terzo perché il bello, anzi il brutto, inizierà proprio adesso, perché in vista del referendum e terrorizzato dalla sconfitta, il Premier ne farà di tutti i colori per evitare la catastrofe definitiva. È questo che ci preoccupa più di ogni altra cosa, perché in fondo la vittoria clamorosa dei grillini non solo è più giusta che sbagliata, ma rappresenta esattamente il precipitato dell’effetto Renzi nel Paese. Solo uno sprovveduto poteva pensare che due anni e mezzo di sbrasate, di delirio di onnipotenza, di promesse disattese e di sbagli incredibili, non avrebbero generato conseguenze.
A partire dalla ridicolaggine del fisco amico, con Equitalia che in lungo e in largo ha perseguitato e terrorizzato gli italiani, per arrivare alla fandonia del benessere e della ricchezza ritrovata, Renzi ha solo fatto imbestialire la gente da Nord a Sud. Dunque, più che per la bravura dei pentastellati, il voto è la conseguenza degli sbagli e delle supponenze del Premier e del Governo, i grillini in fondo non hanno fatto altro che cogliere intelligentemente il sentiment popolare.
Al netto di ogni riflessione personale, comunque, adesso la partita si sposta sul referendum di ottobre e su questi tentativi bisognerà concentrare l’attenzione. Il Premier, infatti, innanzitutto cercherà alleanze e la puzza di inciucio si farà fortissima, specialmente con quel pezzo di Forza Italia ancora fedele al Nazareno, poi prometterà l’universo mondo pur di suggestionare gli italiani. Saranno insomma tre mesi, fino ad ottobre, intrisi di renzismi totali pur di vincere il referendum e procedere poi alla personale consumazione della rivalsa politica. Ecco perché il fronte del “no”, il fronte delle opposizioni, a partire dal centrodestra, dovrà riunirsi ritrovando quel buon senso senza il quale il suicidio politico è assicurato (vedi Roma). Insomma, se il primo passo per togliere il Governo a Renzi è stato fatto, è solo con il secondo e cioè la vittoria del no ad ottobre, che l’opera sarà veramente compiuta.
Viene, infatti, da ridere a sentir dire che si voterà per la riforma costituzionale e non per mandare a casa Renzi, una scusa che non regge, perché un costruttore inadeguato e impreparato potrà solo firmare progetti sbagliati e rischiosi da realizzare. Dunque, la riforma costituzionale e Renzi sono le due facce della stessa medaglia e semmai rappresentano per questo un doppio motivo per dire no. Prepariamoci cari amici, prepariamoci al secondo tempo e mentre il Presidente del Consiglio se la vedrà con la resa dei conti interna e con le illusioni da offrirci, riuniamoci per salvare insieme la speranza e il futuro del Paese. Buon lavoro ai nuovi sindaci, sperando che sappiano far bene.
Aggiornato il 06 aprile 2017 alle ore 17:00