“Partito della Nazione”:   la grande sconfitta

“Non erano che elezioni comunali” (parziali). Dicano pure che quella ricevuta da Matteo Renzi è stata “solo una puntura di spillo”.

L’apparato mediatico di cui si è appropriato, i poteri forti che (finora) hanno scommesso per lui si muoveranno per spiegarci che “non è successo niente”. Sarà stata pure una “puntura di spillo” (un grosso spillone!), ma per il pallone sgonfiato del Partito della Nazione è stato più che sufficiente.

Il partito di Sinistra che piace alla Destra, il Partito Democratico che presuppone la fine delle opposizioni, il partito del moralismo impantanato sulle camarille etrusche, la Destra che “rinasce” con etichetta di Sinistra, il partito dei pastrocchi legislativi e costituzionali, quello che si chiama Democratico ma vuol essere Monocratico e non sa dare di sé altra ragione, è uscito, più che sconfitto, sgonfiato, ridicolizzato da questa tornata elettorale.

Il “Partito della Nazione” che a Roma, dove non è riuscito a mettere in campo che un residuato del portaborsismo di un’epoca niente affatto brillante è stato surclassato al ballottaggio contro una candidata senza storia. È un’esperienza finita, un progetto naufragato.

Possiamo prendere atto di questa débâcle di Renzi, perché prelude ad una sua sconfitta al referendum di ottobre sulla demenziale riforma costituzionale. Ma di qui ad ottobre può succedere di tutto. Non mancheranno i tentativi di mercanteggiamento. Ci sono nello scenario politico italiano una quantità di specialisti dello sfruttamento delle catastrofi altrui (e, magari, del Paese). Una specie di speculatori alle aste dei fallimenti. Non mancheranno di prospettare a Renzi qualche “apertura” al referendum contro la svendita forzata di qualche pezzo del potere “concreto”. Del resto abbiamo già inteso baggianate del genere.

Renzi ha cercato di minimizzare la portata politica di questa tornata elettorale quando si è reso conto di andare ad una sonora sconfitta. Ora dice che la prova politica è quella del referendum, magari con qualche maggior prudenza nell’usare la “minaccia” di andarsene a casa se sarà sconfitto. E’ lui che ha voluto “personalizzare” amministrative e referendum. In particolare continua a presentare bugiardamente la cosiddetta riforma della Costituzione come una condizione ineludibile per poter governare. Il risultato di questa “personalizzazione” si è visto.

Se molti finiranno per votare “No” proprio allo scopo esclusivo di levarsi dalle scatole Renzi, non ce ne dispiaceremo, anche se vorremmo che tutti i cittadini si rendessero conto di che cos’è la Costituzione e di quali demenziali sfregi essa è fatta oggetto con la pretesa riforma. Ma è anche vero che questa cosiddetta riforma è stata concepita, stilata, imposta in funzione della “carriera di Renzi” come “capo del Partito della Nazione”. La sconfitta di Renzi anche in queste elezioni comunali è quindi un passo verso la vittoria contro lo sfregio costituzionale che avrebbe dovuto “coronare” il suo ruolo trionfante. Non è solo la sua imprudente (e probabilmente bugiarda) messa in giuoco del suo governo con l’esito del referendum a far sì che la sua sconfitta comunque ci incoraggi a sperare.

Certo sarebbe ora che, finalmente, ci fosse dato di andare a votare per qualcuno, per un partito e non contro qualcuno, contro un partito che non si accontenta di essere parte, come sembra esser destino di diverse generazioni di italiani. A questo dovremo pensare dopo la vittoria del “No”. O, almeno dovranno pensarci altri che hanno avanti a loro il tempo e, ci auguriamo, le condizioni per farlo.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:57