
Prima di iniziare vogliamo fare un grande in bocca al lupo, con affetto, a Silvio Berlusconi.
Che stavolta, con il referendum, tocchi proprio ai cittadini di mandare a casa Governo e maggioranza, è un privilegio più unico che raro, che gli italiani non possono farsi scappare. L’esecutivo in genere fa le valigie perché sfiduciato in parlamento, per trame di palazzo o come succedeva nella prima Repubblica, per staffette organizzate. Addirittura nel 1974, quando la Dc di Amintore Fanfani perse clamorosamente il referendum sul divorzio non fece, per questo, dimettere l’allora Premier Dc Mariano Rumor. Ecco perché diciamo che per tutti i cittadini è straordinaria l’opportunità di avere nelle mani la vera espressione della sovranità popolare, attraverso il voto referendario di ottobre, che Matteo Renzi ha legato a se stesso.
Insomma, quella del voto sulla riforma Renzi/Boschi resterà nella nostra storia, così come fu la scelta fra monarchia e repubblica nel 1946. Abbiamo già scritto, infatti, che, pur con tutte le differenze di contesto, il significato del referendum di ottobre è molto più simile a quello del 1946 di quanto non appaia in superficie. La grande differenza fra i due, per paradosso è, infatti, solo la ragione del contrario, nel senso che allora si votò per dare democrazia al Paese, eliminando la monarchia, a ottobre, invece, si voterà per diminuire la democrazia a vantaggio del Premier e della sua lista. Va da sé che vincendo i sì, Renzi e la sua corte avrebbero la strada spianata per puntare all’acquisizione di poteri tali da essere più vicini a una monocrazia che a una democrazia.
Del resto, conoscendo il carattere del Premier verrebbe difficile pensare a una riforma che lo rendesse più “normale”, è di tutta evidenza che la riforma sia stata studiata proprio per il contrario e cioè per renderlo fortissimo. In fondo la stessa personalizzazione che il Presidente del Consiglio ha voluto a tutti i costi, fa capire quanto lui si identifichi nel desiderio di un potere sempre maggiore. Siamo, infatti, certi, che chiunque altro al suo posto, avrebbe affrontato la campagna referendaria con uno stile diverso, più distaccato, più terzo, più equanime rispetto al motivo del contendere. Al contrario Renzi ha calato la sfida su se stesso, venendo meno in un certo senso ai doveri di imparzialità di un Premier, proprio perché la modifica costituzionale se l’è fatta su misura.
Del resto, se così non fosse non si capirebbe la ragione di avere portato avanti il Disegno di Legge costituzionale, con forzature parlamentari, con maggioranze risicate, con voti di fiducia, insomma, con un metodo opposto a quello che i Padri costituenti avrebbero immaginato. Dunque, volendo aprire gli occhi, dietro una riforma piuttosto pasticciata, incoerente, molto poco utile al risparmio, c’è soprattutto la voglia di comando e la certezza di poterlo mantenere molto a lungo. Ecco perché abbiamo detto che ci sono similitudini fra il voto che saremo chiamati a dare a ottobre e quello storico del 1946 fra Monarchia e Repubblica.
La modifica Boschi, unita all’Italicum, genererebbe un disposto di potere a favore del Primo ministro, non solo grande, ma sostanzialmente privo di contrappesi in grado di contrastarlo ed è questa e solo questa, la ragione vera per cui Renzi vuole vincere. Credete cari amici, tutto il resto è fuffa demagogica, fuffa il risparmio, fuffa il numero dei senatori, fuffa l’intervento sulle regioni. Del resto, l’unica cosa sacrosanta e necessaria a proposito delle regioni, sarebbe stata l’eliminazione degli statuti speciali, tema che la Boschi non ha nemmeno sfiorato.
Insomma, signori mettiamoci in testa che a ottobre si voterà sia per difendere l’attuale Costituzione da rozzi scivolamenti muscolari e sia per mandare a casa un Governo che ci è stato imposto e che non abbiamo scelto. Sarà dunque un’occasione straordinaria che permetterà a noi di fare ciò che il parlamento non ha fatto, per dare un definitivo giudizio democratico, per dire la nostra su quale democrazia vogliamo. Perciò stiamo ben attenti, perché averne un’altra a disposizione sarà molto, ma molto più difficile.
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 21:49