Movimento 5 Stelle: di destra o di sinistra?

Virginia Raggi a Roma raggiunge il 35,25 per cento dei consensi (nel 2012, il Movimento 5 Stelle aveva ottenuto alle elezioni europee il 25 per cento). Chiara Appendino a Torino consegue il 30,92 per cento (21,72% alle Europee del 2014). Un incremento di 1/3 dei voti, per le due candidate sindaco, nello spazio di tempo di due anni. Andando a vederci dentro, gli analisti spiegano che il movimento raccoglie il massimo dei consensi nelle periferie delle città, dove il peso della crisi economica si fa più sentire. È normale che di fronte alla gravità delle difficoltà che affrontano quotidianamente larghe fasce di cittadini, la semplice promessa del reddito di cittadinanza, ad esempio, possa muovere ampi consensi. Questa si chiama protesta. E poi, di fronte al panorama dei vecchi, logori partiti, è normale che l’elettorato più stanco possa ragionare così: proviamo con il Movimento Cinque Stelle, non si sa mai.

Al secondo turno, però, le cose si complicano. Qui gli elettori di centrodestra, esclusi dal ballottaggio, saranno chiamati a fare una scelta di campo tra il Partito Democratico (Roberto Giachetti e Piero Fassino) e il Movimento 5 Stelle (Virginia Raggi e Chiara Appendino). Come possono orientarsi questi elettori, che non intendono disertare le urne o votare scheda bianca, come ha dichiarato Silvio Berlusconi? È evidente che, se non si accontenteranno di esprimere un voto di pura simpatia (Raggi e Appendino sono tutt’altro che antipatiche), la loro scelta dovrà essere ben meditata. Per gli elettori di centrodestra c’è più affinità con i candidati del Pd o con le candidate grilline? Propongo l’alternativa in questi termini perché in Italia sono ancora in tanti a ragionare in questo modo, anche se è evidente che l’efficienza dei trasporti non c’entra niente con le ideologie.

In base alle ideologie del secolo scorso, destra e sinistra sono alternative e contrapposte. Ideologicamente parlando, per Renato Brunetta, ci sarebbero maggiori affinità con la Raggi e la Appendino, per il fatto che il Movimento 5 Stelle è, apparentemente, privo di ideologia. Se gli elettori di Roma e Torino ragioneranno così, succederà quello che è capitato a Parma. Gli elettori di Forza Italia che hanno votato Federico Pizzarotti, il 19 giugno preferiranno Raggi ed Appendino. Ma siamo proprio sicuri che M5S sia ideologicamente neutro? Finora è riuscito a farlo credere, evitando sempre di schierarsi di qua o di là. In questo modo, ha conservato l’immagine di soggetto “diverso” dai partiti tradizionali, nuovo, incontaminato e incontaminabile. Così è riuscito a pescare, a mani basse, sia a destra che a sinistra. A ben vedere, però, la neutralità del movimento di Grillo non è per niente neutra. Penso soprattutto all’idea di “diversità” e alla scelta di non volersi alleare con gli altri. Questo modo d’intendere la “diversità” evoca infatti la concezione del “partito unico”, che non è propriamente democratica, anzi, caratterizza la peggiore tradizione degli autoritarismi di destra e di sinistra. Se a questo si aggiunge il rifiuto del “divieto del mandato imperativo”, che comporta la totale soggezione al partito che ti ha messo in lista, il quadro si perfeziona.

Gli eletti del Movimento 5 Stelle non rappresentano la Nazione, come attesta l’articolo 67 della Costituzione, ma i “cittadini” che li hanno eletti. In questo modo l’equivoco, generico, riferimento ai cittadini (la Rete) non si traduce in altro che nella totale subordinazione a Beppe Grillo e agli altri membri del Direttorio. A questo, che non è poco, si possono aggiungere altre considerazioni, non meno inquietanti. Il programma del Movimento, pubblicato “in Rete”, si occupa soltanto di “Stato e cittadini, energia, informazione, economia, trasporti, salute, istruzione”. E il resto? Dove vuole collocare M5S l’Italia nel mondo? Fuori dall’Europa? E l’Alleanza Atlantica? Non si sa. Soprattutto. Quale idea dei diritti può avere un movimento- partito che non si esprime né sulla storia del socialismo né sull’idea del liberalismo?

Nel vuoto ideologico ci aiutano i comportamenti parlamentari. Lì si scopre, ad esempio, che sulle questioni della famiglia, della bioetica, della filiazione, delle adozioni, della fecondazione medicalmente assistita, del fine vita, tutto è dominato da una visione acriticamente espansiva, tipica di chi non ha una cultura di riferimento capace di aiutarti a prendere le decisioni difficili. C’è da domandarsi, su questi temi, il patrimonio culturale della destra si scontra o non si scontra con la non cultura del Movimento 5 Stelle?

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:01