
Matteo Renzi, se è veramente così “smart” (furbo) come tutti si ostinano a credere, deve farsi una ragione di quel che sta succedendo in Italia: i suoi concittadini non hanno mai votato negli ultimi 25 anni per il proprio interesse. Ma solo in odio o in amore a questo o a quello. E lui, con la polarizzazione esasperata e con la personalizzazione, ha finito per tramutare rapidamente un sentimento nell’altro. Quindi oggi come oggi al referendum che pare si possa tenere il 2 ottobre rischia tutto. E questo sarebbe anche un danno relativo. Il problema è che noi rischiamo di rischiare (bel gioco di parole) con lui. Perché se la mano di poker sulle riforme la dovessero vincere i 5 Stelle e il fronte composito di chi si oppone a prescindere in odio e in antipatia alla figura politica e umana del Renzi stesso, tutto il Paese rischia di trovarsi nella situazione attuale di Roma: con un entusiasta Di Maio che va in televisione a proclamare che loro cambieranno tutto e con gli italiani con le mani nei capelli perché si renderanno conto di avere votato dei presuntuosi e arroganti incompetenti. Né l’atteggiamento della destra salviniana e meloniana viene in aiuto: quelli ormai sono per il tanto peggio tanto meglio, esattamente come i Fassina e la sinistra Pd dall’altra parte. Tanto il lavoro che non c’è è un problema nostro, non loro.
Come può fare allora Renzi a tirarsi fuori da questo cul-de- sac? L’unica via d’uscita è la proposta avanzata dalla galassia radicale di spacchettamento referendario: sostituire un solo quesito prendere o lasciare con quattro o cinque tematici. Dopodiché il vincerne due o tre di questi renderebbe inutili le dimissioni automatiche del governo e non polarizzerebbe il quesito su Renzi stesso. E il vantaggio per i cittadini sarebbe quello di tenersi le riforme migliori bocciando se del caso le altre e senza il terrore che caschi il governo per doverlo sostituire con gli uomini e le donne scelti dagli associati della Casaleggio.
Renzi non deve illudersi che gli italiani votino per il proprio interesse: se così fosse nel 1994 non avrebbero affossato il primo governo Berlusconi, con la complicità di Bossi e di Scalfaro e dei soliti pm di Milano. E si sarebbero tenuti ad esempio una riforma delle pensioni molto più equilibrata della Fornero che poi hanno dovuto subire meno di 20 anni dopo senza colpo fiatare. Gli italiani del dopo caduta del Muro di Berlino e del dopo Tangentopoli sono diventati un popolo di emotivi, un po’ impazziti, senza punti di riferimento. Capaci di votare per gente come De Magistris e la Raggi, infischiandosene delle conseguenze a breve e medio termine.
Renzi adesso comincia ad essere antipatico a troppe persone, e la colpa è quasi solo sua. Quindi deve convincersi a trovare presto un antidoto a tutto questo veleno. Un antidoto politico e istituzionale come quello dello spacchettamento del quesito referendario di ottobre. A bluffare sempre a poker si possono vincere parecchie mani, ma poi si rischia di perdere tutto il piatto. E anche se uno ha un grosso punto in mano non può escludere che l’avversario nel tempo si sia costruito un poker o una scala reale. Noi italiani però non siamo obbligati a partecipare a questa partita di poker giocata sulla pelle nostra.
@buffadimitri
Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 22:02